Page 241 - ATTI 2021 - IL MILITE IGNOTO
P. 241
a
3 Sessione - Il cittadino in armi 239
Zanchetta. Come da ordini ricevuti, insieme a ZANCHETTA ed a un suo Carabiniere,
iniziammo a perlustrare e a vigilare le zone interessate intorno ai polverifici “RANDI” a cui
giungemmo verso mezzanotte. Rischiavamo di essere centrati dai colpi di fucile delle sentinelle
con quel buio e in borghese. ZANCHETTA, che era in uniforme, avvertì il comandante della
guardia della nostra presenza in zona. I polverifici erano avvolti dal silenzio e inghiottiti dal
buio intenso e non si potevano vedere se non da pochi passi. Solo la fioca luce della lampadina
davanti l’ingresso dava giustezza della posizione. Decisi di stabilire una vigilanza nelle cam-
pagne circostanti. Il brigadiere Zanchetta e il carabiniere Montavoci si inoltrarono nelle strade
che collegavano quei luoghi al paese di Bagnara. Si fecero le tre di notte e la stanchezza iniziava
a mordere gli occhi. Il terreno battuto fu molto; per non allontanarci troppo dagli obbiettivi,
decisi di fare rotta verso lo stabilimento di polvere. Camminavamo in linea, quel tanto distanti
che l’occhio non avesse a perdere il militare di fianco. Tutto calmo, tutto scuro, tutto silente.
A un centinaio di metri dal deposito n° 1 gridai “Sentinella!” (non volevo che il soldato ci
sparasse contro non riconoscendoci). Non ricevendo nessuna risposta urlai di nuovo “Sentinel-
la, carabinieri!”. Nulla, il silenzio se possibile si fece più raccolto. Qualcosa non andava per
il verso giusto. Non feci in tempo nemmeno a pensare sul da farsi, che un rumore di arbusti
e terra ci fece balzare e catturò la nostra concentrazione. Pensai dapprima ad un animale,
ma il rumore di scarpe in fuga mi fece rendere conto della situazione. Immediatamente diedi
l’ordine di inseguire quel “fantasma con le scarpe”; intimammo al fuggitivo di fermarsi ma egli
continuava nella sua fuga. I carabinieri della mia squadriglia, precipitati come cani da caccia
verso la preda, sparando colpi guidati solo dal rumore delle scarpe in fuga, ne esplosero quattro
ma il rumore continuava ad allontanarsi. L’impeto dei militari e la notte scura fecero cadere
due di essi in un fossato di quattro metri di cui ignoravamo l’esistenza e che essi non avrebbero
mai potuto vedere. Io rimasi indietro, mentre gli altri due continuavano l’inseguimento. Volevo
vedere dove fosse finita la sentinella ed essere sicuro che non ve ne fosse nessun altro. Salii sul
terrapieno dove era situato il deposito, vidi la sentinella sul lato opposto al mio puntare il fucile
verso la boscaglia in direzione di un rumore che aveva fatto spostare. Fattomi riconoscere mi
avvicinai; in quel momento sentii, portata dal vento, un forte odore di polvere in combustione.
Nel guardarmi intorno urtai con il piede un oggetto che caduto su di un fianco, iniziò a ruz-
zolare giù dal terrapieno. Lo rincorsi. Fermatolo con un piede scorsi su di un lato una vivida
fiammella blu. “Una bomba!” gridai, la raccolsi da terra e cercai di strappare la miccia per
renderla inoffensiva. All’inizio la miccia misurava quindici centimetri circa, ma la fiamma la
divorava famelica; con le mani non riuscii a strapparla perché la fiamma mi ustionava le dita
e l’attacco era saldo. Mancava veramente poco e tutto sarebbe finito. Non potevo lanciarla nel
bosco, c’erano i miei carabinieri! E Zanchetta con il suo militare? Potevano essere da quelle
parti. Portai il barattolo di circa due chili alla bocca. Aprii il più possibile le labbra per non