Page 47 - Le Forze Armate. Dalla scelta repubblicana alla partecipazione atlantica - Atti 27 novembre 1997
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LA  SITUAZIONE  DELLE  FORZE  AHMATE  ALLA  FINE  DEL  CONFLrrTO        35

              Oltre al ruolo di "autodifesa", c'è chi rivendica per l'Italia il diritto eli  potere in-
          cludere proprie forze nei contingenti destinati al  mantenimento della sicurezza col-
          lettiva  che le Nazioni Unite  ritenessero opportuno allestire.
              In  una  riunione  del  "Comitato  di  Difesa"  dell'agosto  1945,  l'ammiraglio  de
          Courten, Ministro e Capo di Stato Maggiore della Marina, ipotizza addirittura "l'even-
          tualità  che  la  Marina  Militare  italiana  possa  essere  messa  a  disposizione  della
          "Commissione Suprema Militare" (organismo eli  cui si prevedeva, allora,  la  costitu-
          zione) delle Nazioni Unite come forza  internazionale".
              Questa posizione è condivisa, nella stessa riunione, anche da parte del Ministro
          dell'Aeronautica.
              Si  tratta di ipotesi che,  come si  è già avuto  modo di  evidenziare,  non coinci-
          dono con i progetti formulati per le Forze Armate italiane dalle autorità militari al-
          leate in Italia, che pongono invece l'accento- come più volte ricordato- su compiti
          connessi con il  mantenimento dell'ordine pubblico; argomento- questo- che, in-
          vece,  è  assai  poco  gradito  dagli  Italiani.  L'avversione  è  ribadita  dai  più  alti  re-
          sponsabili  militari  dell'epoca  (generale  Trezzani,  generale  Cadorna,  generale
          Utili),  che vedono in un impiego del genere il pericolo di  intaccare il  principio ir-
          rinunciabile  della  assoluta  apoliticità  delle  Forze  Armate. Nel  dicembre  1945,  il
          Generale Trezzani dichiara addirittura  che "se  gli  Alleati vogliono attribuire al  fu-
          turo  Esercito  italiano  compiti  prevalentemente  di  tutela  dell'ordine  pubblico,  è
          meglio portare a 200 mila la forza dei Carabinieri, abolire l'Esercito e  dichiarare la
          "neutralità permanente,".
              Le  divergenze  dei punti di  vista  sui compiti si  riflettono sulle  ipotesi  di  or-
          dinamento  delle  forze,  per  quanto  riguarda,  in  particolare,  la  motorizzazione
          delle unità,  l'eventuale inserimento di unità carri,  la potenza di fuoco a livello di
          battaglione e  di divisione,  le  esigenze di  armi  controcarri e  controaerei.
              Prevale  l'orientamento  a  dar vita  ad  una  sotta  di  divisione  polivalente  (una
          "pocket clivision") in grado di essere impiegata  per diverse  ipotesi operative.
              Nel  porre in atto il  progetto emerge, ancora una volta,  il problema del so-
          stegno  da parte  degli  Alleati  per quanto  concerne  le  armi  e  gli  equipaggiamenti.
          Sul piano teorico, si ammette la possibilità del ricorso a tre diverse procedure (ap-
          provvigionamento attraverso l'utilizzazione delle  risorse  nazionali,  oppure attra-
          verso i "surplus" messi in vendita dagli Alleati, oppure - ancora - attraverso importazioni
          decise dal governo).  Sul  piano pratico,  invece,  l'unica via  praticabile è  quella del
          ricorso  ai  "surplus"  alleati,  ma  anche  per questa  le  difficoltà  non sono poche né
          di breve momento.
              I meccanismi posti in essere mostrano ben presto i loro limiti e solo con suc-
          cessivi laboriosi aggiustamenti  permettono di  assicurare un flusso  dei rifornimen-
          ti  quanto meno accettabile, se non ottimale.
              Il  discorso fin qui fatto potrebbe dare la sensazione di  aver voluto polarizza-
          re  l'attenzione essenzialmente sull'Esercito.
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