Page 44 - Le Forze Armate. Dalla scelta repubblicana alla partecipazione atlantica - Atti 27 novembre 1997
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32 UMBERTO CAPPUZZO
Forze Armate di compiti - almeno fino al 1950 - di difesa delle frontiere e man-
tenimento dell'ordine pubblico. Affronta, anche, il problema della Marina e
dell'Aeronautica, anch'esse destinate a compiti puramente difensivi.
Per quanto riguarda la Marina si stabilisce il criterio di ridurne la consistenza
in maniera tale da non alterare la "balance of power" nel Mediterraneo. Con ciò
la Gran Bretagna, che ne è l'ispiratrice, pensa di conseguire l'obiettivo di ridi-
mensionare il molo dell'Italia come potenza navale e di poter venire incontro a
specifiche richieste di alcuni alleati (Unione Sovietica e Grecia) circa l'assegnazio-
ne di una aliquota della flotta italiana, quale preda bellica, come era stato pro-
messo nella "Conferenza di Teheran".
I vincoli sarebbero rimasti in vigore, come si è detto, per un periodo di 5 an-
ni; successivamente sarebbero stati allentati, ferme restando le limitazioni perma-
nenti relative alla smilitarizzazione della Sardegna e della Sicilia ed alla proibizione
di costmire o sperimentare taluni tipi di armi (a lunga gittata, sottomarini, mine e
siluri) e di impiegare personale tecnico tedesco o giapponese.
In questo contesto, vanno maturando le idee per un "Esercito di transizione",
alla luce, peraltro, dei più recenti sviluppi della situazione che portano ad attri-
buire elevata priorità al mantenimento dell'ordine pubblico (tensioni sociali; crisi
istituzionale; propensione al mutamento violento anche di carattere rivoluziona-
rio; detenzione delle armi da parte dei partigiani; regolamenti di conti fra opposte
fazioni; disordini e tumulti). L'esempio della Grecia è troppo recente ed induce a
provvedere senza indugi di sorta.
A ciò si aggiunga lo stato di tensione che va montando alla frontiera orienta-
le (questione giuliana), con il timore concreto di arrivare a vere e proprie ostilità.
È ben vero che le ttuppe alleate di occupazione fungono ancora da valido deter-
rente, ma appunto per questo un fiancheggiamento operativo da pa1te di unità ita-
liane sarebbe assai utile per alleggerire l'impegno ai fini del mantenimento dell'ordine
pubblico.
Questa interessante evoluzione si inserisce in un quadro strategico in rapido
movimento, che fa pensare a pericolose manovre destabilizzanti innescate nell'area
dall'Unione Sovietica, con il timore concreto di una possibile "balcanizzazione"
dell'Italia.
La ne~ssità di dar vita ad un "Esercito di transizione", viene ribadita in suc-
cessivi passaggi (tra gli altri, con il "Memorandum" del Generale Browning, del
maggio 1945, e con la "Direttiva N. l" emanata dal "Quartier Generale Alleato in
Italia" dell'8 novembre 1945), con varianti più o meno marcate, ma nel fermo in-
tendimento di costtuire uno stmmento militare intermedio che faccia da ponte fra
l'Esercito già ora esistente e quello da allestire in relazione ai limiti che il "Trattato
di Pace" avrà fissato.
Di particolare interesse è un primo schema di "Esercito di transizione", ela-
borato d'intesa tra la "Military Mission to the Italian Army" ed il ministro della
guerra Casati, che esamina denagliatamente l'articolazione dell'intera stmttura,