Page 45 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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FORZE  ARMATE  E SOCI ETA:  II.  RITORNO  DEI  REDUCI  TRA  INDIFFERENZA  E RIMOZIONE

              Secondo Flavio  Conti  le  autorità  italiane  non  ritennero di  formalizzare  pre-
          cisi  accordi  per la  liberazione dei  prigionieri, convinte forse dalla propaganda al-
          leata che garantiva un  rapido ritorno a casa in  cambio clelia resa e dell'aiuto dato
          ai  prigionieri angloamericani che dovevano essere liberati e sottratti ai tedeschi (8).
          Si  pensava addirittura alla  ricostruzione di  grandi unità con i prigionieri della Li-
          bia  e  della  Tunisia.  In  realtà  sappiamo  che  agli  Alleati  gli  italiani  interessavano
          molto  più  come ausiliari  o  cooperatori  che come combattenti, come dimostra  il
          caso delle  divisioni  "Cuneo" e  "Regina" che,  dopo aver combattuto contro i te-
          deschi  nelle isole dell'Egeo,  furono trasferite dagli  Alleati  in  Palestina; qui i mili-
          tari  delle due divisioni  furono trattati come prigionieri  di  guerra cooperatori (9).
              In  una  prima  fase  dunque  l'atteggiamento  italiano  fu  quello  di  chiedere una
          certa quantità di  prigionieri da utilizzare nella  formazione di  unità combattenti da
          affiancare  agli  Alleati,  nella  convinzione  che  l'esercito  italiano  avrebbe  avuto  un
          ruolo importante nella  lotta antitedesca.
              Fallite queste speranze, il  6 aprile 1944 fu  istituito l'Alto Commissariato per i pri-
          gionieri di guerra affidato al  generale Pietro Gàzzera, che era stato due anni prigionie-
          ro tra India e Stati  Uniti (lO)  e che si  trovò ad operare in disaccordo con il  governo.
              Bonomi e poi  PatTi  inviarono messaggi ai  prigionieri esortandoli a cooperare,
          mentre Gàzzera insisteva  per l'abolizione dello status di  prigioniero di  guerra (lI)
          e chiedeva il  rimpatrio dei prigionieri in base alle norme della Convenzione di  Gi-
          nevra (12).
              In  realtà gli  Alleati continuarono ad organizzare i prigionieri di  guerra per la-
          vori  non autorizzati  dalla  Convenzione, ignorando le  richieste  del  governo italia-
          no.  Finita la guerra alcuni governi aspettarono lo svolgimento del referendum pri-
          ma  di  far  rimpatriare  i  prigionieri  e  i  reduci  furono  comunque  prudentemente
          esclusi  dal  voto.
              Non considerati dal governo italiano fino  ad aprile  1944, i prigionieri  non po-
          terono essere adeguatamente aiutati neanche dalla Croce Rossa. La possibilità di ope-
          rare  del  Comité international  Croix  Rouge  (CICR) - già  molto  difficile  negli  anni
          precedenti - si  complicò ulteriormente dopo 1'8  settembre quando gli  interlocutori
          istituzionali  del  CICR in  Italia  si  moltiplicarono:  il  regio  governo  di  Badoglio,  il
          comando alleato, le autorità tedesche d'occupazione, il  governo fascista  della RSI.


              (8)  Flavio Giovanni Conti, Il  problema politico dei prigionieri di guerra italiani nei rapporti
          COli gli alleati (1943-1945), in  «Storia contemporanea», 1976, n.  4,  p.  865-920.
              (9)  Ivi, p.  873.
             (lO)  Michele Tagliavini, l  prigionieri di gllerra,  cit., p.  67.
             (11)  Ivi, p.  78.
             (12)  lvi,  p.  876.
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