Page 46 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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ANNA MARIA ISASTIA
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'TAgenzia divenne il solo intermediario possibile fra i territori italiani sepa-
rati. Il servizio italiano sarebbe servito, fino alla fine del conflitto, da liaison tra i
prigionieri in mani alleate e le famiglie residenti nella zona nord, così come tra
gli IMI e i lavoratori civili, in Germania o nei territori controllati dal Reich, e le
loro famiglie nella zona meridionale" (13).
La situazione dei prigionieri italiani era molto difficile.
[ francesi della Francia libera di De Gaulle inflissero un trattamento particolar-
mente brutale agli italiani prigionieri nell'Africa Settentrionale. Gli americani e gli in-
glesi cercarono di trasformare i prigionieri in "collaboratori volontari" perché ave-
vano un enorme bisogno di forza lavoro, punendo però quanti non vollero collabo-
rare. [ russi sottoposero i prigionieri ad una martellante propaganda politica, punen-
do con molti anni di prigione e di lager quelli che continuarono a sentirsi fascisti.
[ tedeschi imposero condizioni inumane ai prigionieri italiani, - cui si negò
perfino la qualità di prigioniero di guerra trasformandoli in «internati militari» e
poi in lavoratori civili - nell'impotenza dei due stati italiani (quello della Repub-
blica Sociale Italiana e quello del Regno del Sud).
[:8 settembre trasformò anche i precedenti alleati in nemici; gli italiani rima-
sero prigionieri di tutti, su tutti i fronti, in una sorta di colossale girone infernale.
I militari italiani sono stati alleati e nemici di tutte le potenze in campo e - di con-
seguenza - sono stati anche prigionieri di tutte le potenze. Dispersi in tutto ilmon-
do, essi dovettero aspettare la fine della guerra perché si cercasse una soluzione
organizzativa che permettesse il loro rimpatrio.
( 1.1) Stefano Picciaredda, Diplomazia IImanitaria. La Croce Rossa lIella seconda guerm mon-
diale, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 157. Imeressante il paragrafo riservato alla condizione de-
gli IMI e alle inconcludemi iniziative del CIRM per migliorare le loro condizioni. Il quadro de-
lineato da Picciaredda appare molto difforme da quello che nel 1970 aveva proposto Carmelo
Come che aveva denunciato l'ingenuità del CIRM. Si tratta invece di una situazione che tutte
le parti in gioco sembrano contribuire a rendere insostenibile e le cui conseguenze pesano sui
prigionieri. Osserva Picciaredda che i rapporti tra il CICR e il governo Mussolini non furono
dei migliori. Roma protestava continuamente per il trattamento riservato ai prigionieri lamen-
tando le cattive condizioni sanitarie e alimentari, denunciando episodi di violenza. "Il governo
italiano" scrive Picciaredda "si rivela tra i più tenaci nel difendere gli interessi dei suoi prigio-
nieri; è l'unico ad accreditare presso il Comitato un suo rappresentante permanente, il conte
Guido Vinci, segretario politico ciel Partito fascista a Ginevra" (p. 152).
I~azione del CIRM in Italia è però stretta tra l'attivismo del Vaticano e l'Ufficio prigionieri
fascista che pretende il monopolio nei rapporti con le famiglie. Alla fine del 1941 il "servizio
italiano" dell'Agenzia centrale dei prigionieri cii guerra del CIRM impegna 110 collaboratori e
lavora su 300 mila schede.