Page 51 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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FORZE  ARMATE  E SOCI ETA:  IL  RITORNO  DEI  REDUCI  TRA  INIlIFFERENZA  E RIMOZIONE


            l prigionieri  italiani  in  mano francese  in  Nord Africa e in  mano inglese in  Me-
        dio  Oriente rientrarono nel  corso del  1946 utilizzando gli  incrociatori  R.aimondo
        Memtecucco/i,  Duca degli Abruzzi, Lugenio di Savoia che fecero la spola fra Taran-
        to e i paesi cieli' Africa del  Nord e dci Medio Oriente. Gli incrociatori potevano tra-
        sportare non più di  150 uomini a viaggio, in condizioni precarie.  Giuliano Giaco-
        pini - che viaggiava su una di queste imbarcazioni - ricorda ancora il  disagio di  ve-
        dere tanti  ufficiali  costretti  a bivaccare all'aperto senza alcuna comodità.
            Diversa da tutte le altre fu  la situazione dei  militari italiani disarmati e poi inter-
        nati  dai  tedeschi  dopo  l'H  settembre  (prigionieri  senza  tutela);  una  realtà  assoluta-
        mente unica nel  panorama delle prigionie militari della seconda guerra mondiale.
            Non considerati  prigionieri  di  guerra, come è  noto, obbligati di  fatto al  lavo-
        ro,  ma  non  tutelati  dalle  convenzioni  internazionali,  precettati  e  avviati  i riottosi
        in  campi  di  punizione, la  successiva smilitarizzazione finì  con il  differenziarli  ulte-
        riormente dai  prigionieri  di guerra sotto il  punto di  vista giuridico.  Particolare at-
        tenzione va  poi  rivolta, ancora una volta, agli  ufficiali,  non obbligati al  lavoro dal-
        le  norme internaz,ionali,  ma obbligati  di  fatto  dai tedeschi  alla  luce del  loro parti-
        colare  "status".  Al  termine del  conflitto gli  IMI,  volontari-obbligati  o  precettati  e
        arbitrariamente smilitarizzati e "civilizzati" finirono per essere equiparabili a inter-
        nati e a deportati civili  quindi  né prigionieri né internati, con tutte le  conseguenze
        che  tale  intricata situazione  finì  per causare al  momento della  fine  della guerra e
        del  rientro in  Italia.
            Sono stati comunque i soli  che - come vedremo - abbiano ricevuto qualche ri-
        conoscimento e  i primi ad essere presi  in considerazione dagli  storici per la diversa
        "spendibilità" della loro esperienza.
            Non  meno  delicata  appare  la  situazione  dei  reduci  dell'Armir:  cancellati
        prima dal  regime  fascista  poi  dai  politici  socialcomllnisti.
            Il  primo a  raccogliere le  testimonianze della  prigionia di  reduci  della Divi-
        sione Alpina  "Cuneense" é  stato  Nuto  Revelli  nel  1966 (37).  ~:  un'opera fonda-
        mentale per capire le condizioni dei  prigionieri italiani in Russia; è un libro cru-
        do,  scritto  da chi  in  Russia  aveva combattuto come  tenente  del  5°  Battaglione
        Alpini  "Tirano" della Divisione "Tridentina".  Partito fascista,  tornò antifascista
        e  diventò partigiano.
            Gli  storici  degli  anni  Settanta e  Ottanta hanno  focalizzato  la  loro attenzione
        sulla prigionia in  Russia - in  un quadro interpretativo di  tipo ideologico - per stu-
        diare le linee dell'imperialismo italiano: cosa erano andati a fare laggiù gli  italiani?


           (37)  La strada del Davaj a cura di  Nuto  Rcvclli, "1()I"ino,  Einaudi,I966.
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