Page 52 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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ANNA MARIA ISASTIA
Mandare italiani in Russia era un'esigenza del paese? Gli storici di quegli anni
analizzarono queste vicende con distacco critico, esclusivamente su fonti italiane
e solo per sottolineare le responsabilità fasciste.
I soldati italiani di allora raccontarono - nelle loro memorie - di essere parti-
ti convinti di andare a liberare i russi. Da cosa? Gli italiani dovevano liberare i rus-
si dall'ateismo, come ricorda lo storico Giorgio Spini che ha serbato memoria del-
l'importanza del ruolo della chiesa nello spingere gli italiani in Russia, dove dove-
vano ancia re a portare il cattolicesimo, mentre Mussolini sognava la gloria.
Dobbiamo arrivare agli anni Novanta per veder subentrare un nuovo approc-
cio storiografico e una inedita attenzione alle esperienze della prigionia che cessa
di essere appannaggio dei soli reduci.
Dunque non più solo storia cii chi ha deciso e perché lo ha fatto, ma una
nuova attenzione agli uomini prigionieri.
Non si sottolineano più le responsabilità del regime, ma si insiste sulla sof-
ferenza dei militari prigionieri.
Una parte della storiografia di sinistra però non dimentica che questi soldati
sono stati elementi attivi dell'imperialismo fascista. Abbiamo dunque una duplice
visione di queste vicende:
da una parte soldati strumento del regime;
- dall'altra esperienza clella prigionia che riporta gli italiani al ruolo cii vittime
e soprattutto si rivela scuola di maturazione politica e di democrazia.
A marzo 1946 il ministro dell'Assistenza post-bellica (38) Luigi Gasparotto (De-
mocrazia dci lavoro) comunicò che i prigionieri di guerra italiani raggiungevano la
cifra di un milione e quattrocentomila (39). Si trattava di una cifra consistente eppu-
re i giornali davano notizia dei rientri di singoli e di gruppi, dai luoghi più dispara-
ti, in modo talmente asettico e neutro da ingenerare nel lettore un senso di disagio.
Pochissimi gli editoriali che avevano come argomento il ritorno dei reduci, dei
quali si sollecitava la liberazione perché servivano braccia per la ricostruzione, ma
soprattutto perché si temeva che il persistere nello stato di prigioniero - a guerra fi-
nita - potesse «tramutarli in elementi non inclini a pensieri sereni cii collaborazione
(38) Il ministero dell'assistenza post-bellica fu istituito con decreto luogotenenziale 21 giu-
gno 1945, n. 380. Ne furono stabilite le attribuzioni con d.lgt. 31 luglio 1945, n. 425. Il primo
ministro fu Emilio Lussu (governo PatTi).
(39) Il Messaggero, 6 marzo 1946. Ministero della guerra, Ufficio autonomo reduci da pri-
gionia c rimpatriati, Relazione sull'attività svolta per il rimlJatrio dei prigionieri di guerra ed
internati 1944-47, Roma, 1st. Poligrafico dello Stato, 1947.