Page 55 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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FORZE  ARMATE  E SOCIETÀ:  IL  RITORNO  DEI  REDUCI  TRA  INDIFFERENZA  E  RIMOZIONE
           Raggiungere le proprie case e ricongiungersi ai  familiari  non fu semplice e du-
       rante il  viaggio di  ritorno la gente mostrava spesso ostilità ed indifferenza. C'è chi
       ricùrda ancora la freddezza con cui il bigliettaio pretendeva il  pagamento della cor-
       sa da  reduci  coperti di  stracci  e chi  si  vedeva  ricacciare  indietro  dalle  guardie  al
       momento di  salire su un treno per dare la precedenza ad altri (48).
           Contribuirono al  processo di  rimozione anche delle valutazioni  di carattere
       politico:  nel  1945 si  temette il  ripetersi  del  fenomeno  del  reducismo che aveva
       giocato un ruolo politico autonomo nel  primo dopoguerra e dunque le  autorità
       guardavano ai  reduci  con  non  celato  timore  ed  erano  portate a  confondere  il
       reducismo con l'eversione (49).
           Si  cercò  così  di  evitare  la  creazione  di  un  movimento  autonomo  degli  ex
       combattenti che, attraverso la cooptazione degli  esponenti più in vista nei quadri
       dirigenti dei  partiti, venne privato di  qualsivoglia connotazione politica.
           In  realtà gli uomini che rientravano erano dei  vinti, politicamente divisi  dalle
       differenti esperienze maturate.  Come poi  dimostrarono i risultati  molto modesti
       delle  liste  che  si  rifacevano  formalmente  al  combattentismo,  la  preoccupazione
       della classe politica era più  un  motivo di  polemica politica contro i nostalgici del
       fascismo  che  la manifestazione di  un  reale pericolo (50).  La  maggior parte dei  re-
       duci infatti preferì il  disimpegno politico, in risposta forse all'indifferenza mostra-
       ta al  loro ritorno e l'unico reale pericolo per la  giovane repubblica poteva essere
       rappresentato  da  una  deriva  di  tipo  qualunquista,  che  venne  però  riassorbita
       rapidamente dal successo dei grandi  partiti di  massa.
           Certo è che la  maturazione politica dei  reduci  avrebbe richiesto da parte del-
       l'intera nazione un realistico esame di  coscienza su  quello che aveva rappresenta-
       to  il  fascismo  prima della guerra e sulle  responsabilità  della guerra stessa.  Si  pre-
       ferì  invece assecondare - anche a livello collettivo - un  processo di  rimozione che
       era stato prima di  tutto individuale.
           Negli anni  successivi  al  rimpatrio,  molti ex prigionieri furono colpiti da vere
       e proprie manifestazioni  patologiche, legate alle carenze alimentari patite durante
       la prigionia, ma anche a fattori psichici. In un testo sull'argomento si legge che "nel
       quadro della regressione  psichiatrica, la  vita di  un ex prigioniero può riassumersi
       come un conflitto tra quello che è diventato e quello che era prima. Tra la vita che
       conduce e quella che si  aspettava quando fosse  tornato ad una vita normale" (.51).


          (48)  Bertacchi, Il reinserimento dei reduci,  cit., p.  274.
          (49)  Agostino Bistarelli, "Per una storia del ritorno. Cinque note sui reduci italiani" in Una
       storia di  tutti.  Prigionieri,  intemati deportati italiani nella seconda guerra  mondiale, Milano,
       Angeli,  1989, p.  425.
          (50)  Ivi, p.  426.
          (51)  S.  Chiamberlando, La patologia della IJrigionia.  Roma, ANRp,  1972, p.  61.
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