Page 57 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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FORZE ARMATE E SOCIETÀ: IL RITORNO DEI REDUCI TRA INDIFFERENZA E RIMOZIONE
"lo, insomma, come milioni e milioni di personaggi come me migliori di me
e peggiori di me, mi trovai invischiato in questa guerra in qualità di italiano allea-
to dei tedeschi, all'inizio, e in qualità di italiano prigioniero dei tedeschi alla fine.
Gli angloamericani nel 1943 mi bombardarono la casa, e nel 1945 mi vennero a
liberare dalla prigionia e mi regalarono del latte condensato e della minestra in
scatole. Per quello che mi riguarda, la storia è tutta qui" (59).
Non è affatto vero che la storia è tutta qui. eesperienza della prigionia innestò
un meccanismo inarrestabile. La prigionia fu scuola di democrazia. Questo dato
emerge con prepotente evidenza da tutti i libri di memorie e da tutti i diari.
eesperienza di democrazia che i prigionieri italiani fecero in Gran Bretagna.
in Australia, in Usa li cambiò profondamente, ma lo stesso avvenne per chi era sta-
to rinchiuso nei lager tedeschi o era stato prigioniero in Russia. In tutti costoro ma-
turò una nuova consapevolezza politica, poco importa di quale segno, che poi fu
spesa in famiglia, nell'educazione dei figli, nella vita politica e professionale.
Le esperienze di questi uomini rimasero però private o note in cerchie molto
ristrette, perché nella collettività la rimozione di queste vicende è durata decenni.
Forse tutto ciò rientra anche nel quadro di una rimozione più ampia, quella
del dato della guerra nella coscienza europea. La cultura, l'opinione pubblica e i
politici europei, conclusa la carneficina della seconda guerra mondiale, hanno ri-
pudiato la guerra, non sono più stati in grado di pensare la guerra e di pensarsi
attori di una possibile guerra, come era accaduto per secoli in passato, e ciò per
ragioni molto complesse.
È un dato di fatto che le radici della futura unione degli stati europei furono
piantate proprio durante quella guerra.
Questa generale volontà di non aver più nulla a che fare con la guerra, di non
poter più neanche lontanamente pensare ad una simile eventualità, ha agevolato la
nostra rimozione, dandole una sorta di copertura internazionale.
Anche la situazione politica interna e quella internazionale hanno concorso -
per motivi diversi - a cancellare per lunghi anni l'esperienza di oltre 1.400.000
militari in mano al nemico.
Nei primi anni l'Italia non poteva dimenticare di essere un paese sconfitto; poi
subentrarono le esigenze delle nuove alleanze e le logiche di schieramento della
guerra fredda.
(59) "Il deportato Giovannino Guareschi" (IMI 6865), in Mauro Cereda, Storie dai Lager.
I militari italiani internati dopo /'8 settembre, Roma. Edizioni Lavoro, 2004, p. 140.

