Page 141 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            stata liberata, a Parma e Modena i sovrani erano in fuga e la vittoriosa rivolta di Mi-
            lano avevano fatto decidere il sovrano sabaudo ad intervenire.
               In questo panorama esaltante, è sempre lui, il comandante carismatico e l’intuitivo
            stratega, Garibaldi, che sbarcò a Nizza il 21 giugno del 1848 (era partito nell’aprile
            dall’America del Sud, subito dopo 1’inizio della guerra), andando ad offrire la pro-
            pria spada a Carlo Alberto, anche se era repubblicano nel più profondo delle sue con-
            vinzioni. Credeva soprattutto nella lotta contro 1’Austriaco e il Tedesco e in quella
            voleva cimentarsi, offrendosi a chi, a suo parere, sembrava avere più possibilità di
            arrivare al traguardo. Arrivò però a Nizza in un momento difficile, anzi tragico, per
            la situazione “rivoluzionaria” italiana: disfatte (Custoza), tradimento di costituzioni
            elargite probabilmente con poca voglia di rispettarle o con poca cognizione di quel
            che esse potevano rappresentare in termini di autorità monarchica (i Borboni); in-
            somma un’aria di restaurazione da una parte e fallimenti dall’altra.
               Garibaldi dunque si trovò di fronte una situazione assai diversa da quella che fron-
            teggiava in Sudamerica. Innanzi tutto era già divenuto un personaggio famoso, dal
            quale ci si aspettavano miracoli, ma soprattutto doveva tentare di operare nell’alveo
            gestito dalla politica, da quadri militari regolari, anche se volontari quali ad esempio
            quelli del Tirolo, comandati dal generale Giacomo Durando, suo coetaneo, sopra ci-
            tato. Non sempre si adattò alle regole; forse lo fece solo in tarda età...e ancora!
               L’interesse pubblico su Garibaldi aumentava sempre di più e Mazzini non tardò a
            comprenderne 1’insita potenzialità in termini di politica, fors’anche per omogeneità
            di obbiettivi da raggiungere. Era stato proprio nel periodo 1846-1848, gli ultimi due
            anni della sua permanenza in Uruguay, che effettivamente egli era divenuto quasi il
            simbolo di una Italia che poteva battere gli “occupanti” e gli “illiberali”. Su questo
            possiamo concordare con il libro della studiosa inglese precedentemente citato, cioè
            che il carisma di Garibaldi e il suo fascino fecero presa in quei due anni in campo
            internazionale, ma soprattutto, in particolare, sulle popolazioni della penisola.
               All’epoca non vi erano radio o televisioni in grado di far conoscere al mondo il
            carattere e le gesta di Garibaldi, ma le notizie, tramite i giornali, giravano rapidamen-
            te: di lui si parlava, male o bene, ma si parlava. Egli, forse inconsciamente o forse no,
            oltre ai suoi innegabili meriti, sapeva anche gestire con abilità la sua immagine pub-
            blica, iniziando proprio dal modo con cui si vestiva (e continuò a farlo, anche da se-
            natore del Regno, ignorando qualsiasi moda) e da come viveva la parte privata della
            sua vita. Aveva una fisicità molto marcata che deliberatamene o non, usò moltissimo
            anche in campo politico, finanche quando entrò in Parlamento, continuando a vestirsi
            in quella sua maniera, che ormai lo raffigura sempre nella iconografia ufficiale.
               In un periodo storico in cui le parole “patria”, “nazione”, libertà” erano quelle
            più usate, chi combatteva con spada e fucile, cercando di realizzare quegli ideali sul
            piano concreto, non poteva non avere massima visibilità.
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