Page 147 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
P. 147

147
            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            Garibaldi e la Francia


            Prof. Aldo A. Mola
            Università Statale di Milano




                    iuseppe Garibaldi incise a fondo nella storia, e non solo d’Italia, perché
                    fu uomo di saldi principi politici. Nell’età tra la rivoluzione francese del
            G1789 e la guerra franco-germanica del 1870-71, che fu epoca di conflit-
            ti ideologici e militari, segnata dal passaggio dagli eserciti dei sovrani a quelli
            nazionali, Garibaldi si volle uomo d’armi nella convinzione, confortata dai fatti,
            che lo strumento militare è indispensabile per l’affermazione e la difesa degli
            ideali. Militanza civile e militanza armata in lui furono tutt’uno, nel solco della
            concezione romana del cittadino: titolare di diritti perché abilitato all’esercizio
            delle armi in difesa della patria.
               La Francia occupò un posto di particolare rilievo nella sua formazione e nella
            sua vita politica e militare. Suo termine di riferimento costante, per Garibaldi
            essa fu un “ideale”, prima e ancor più che una realtà storica; la elevò a culla
            della democrazia, sintesi e promessa della res publica universale. Nutrito di ro-
            manticismo (che non vuol dire privo di realismo), Garibaldi considerò il “mito”
            un volano dell’azione. Questa sua percezione non si tradusse però mai in culto
            della propria personalità. Al contrario, benché a tale riguardo sia stato bersaglio
            di polemiche e di denigrazioni, recentemente reiterate, egli mirò anzitutto ad
            attuare i principi nei quali si riconosceva. Solo in subordine a tale scopo lasciò
            briglie sciolte a chi, ingigantendone la “fama”, concorreva alla realizzazione dei
            suoi obiettivi politici. Refrattario a rituali idolatrici, monumenti, lapidi, epigrafi
            e altre forme di orpelli troppo spesso identificati con la sua figura, Garibaldi fu
            il primo a non atteggiarsi a padre putativo della Nuova Italia. Non per caso a
            Caprera Garibaldi edificò per sé, poco a poco, con scarsi mezzi finanziari, una
            modesta casa di campagna, completa di ricovero per il bestiame, senz’alcuna
            concessione al fasto né ad ambizioni celebrative: nulla che in qualche modo fac-
            cia sospettare che volesse farne un museo, una sorta di reliquiario, neppure quel-
            lo di una povertà ostentata, e quindi artefatta. Non solo. Per le proprie spoglie,
            come noto, Garibaldi non voleva neppure la tomba, poi frettolosamente allestita
            per ricoverarne la salma, né un famedio, né, men che meno, un mausoleo: nulla,
            insomma, di pur lontanamente paragonabile a quanto invece fece edificare per sé
            Gabriele d’Annunzio al Vittoriale, ove il Vate si volle circondato dai sepolcri dei
            compagni d’arme, a piedistallo della sua maggior gloria.
               Per comprendere davvero Garibaldi, risulta fondamentale scavare nel suo rap-
   142   143   144   145   146   147   148   149   150   151   152