Page 36 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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               Oudinot dichiara a Mazzini che il suo mandato è quello di elaborare un nuovo
            patto politico tra Pio IX e i romani.
               Un altro insulto raggiunge Garibaldi e i Legionari: il capo della Commissione
            militare di difesa, Carlo Pisacane, rifiuta di farlo entrare a Roma. Il 3 aprile Garibaldi
            scrive a Mazzini, che non risponderà. Carlo Alberto almeno lo aveva ricevuto…
               L’11 Pisacane gli ordina di attestarsi ad Anagni per fronteggiare l’esercito bor-
            bonico guidato da Francesco II. Nell’esercito repubblicano manca l’unità: Mazzini
            e Pisacane non vogliono che le forze di Garibaldi vengano incorporate nell’esercito
            (molto raccogliticcio) della Repubblica. Sarà il generale Avezzana a farli ragionare:
            così, Garibaldi potrà entrare a Roma, nominato generale di Brigata, accolto dalla
            festante popolazione. In tutto, le forze a difesa di Roma oscilleranno da 7 a 9 mila
            (scarso il volontariato locale). L’epopea di Garibaldi nella difesa è nota.
               Garibaldi decide di continuare la guerra fuori Roma. L’Assemblea romana decreta
            (dopo aver nominato Garibaldi e Rosselli “generali in capo”):
               “In nome di Dio e del Popolo l’Assemblea Costituente romana cessa da una difesa
            divenuta impossibile e resta al suo posto.”
               Terminano i combattimenti: iniziano le trattative di resa. Garibaldi dà appunta-
            mento, quello stesso mezzogiorno del 3 luglio 1849 in piazza San Pietro, a quanti
            intendono seguirlo e continuare la lotta.
               Appuntamento in piazza del Laterano alle ore 4. Lo seguono 3.900 soldati e 800
            cavalieri: l’artiglieria concessa da Rosselli consisterà… in un cannoncino da 4 libbre.
            Josè e Anita cavalcheranno a fianco l’un dell’altra, come nelle distese del Rio Grande
            de Sol e dell’Uruguay.
               Riportiamo ancora lo storico Milani (op. cit). La grande avventura romana si è
            conclusa. I francesi entrano in città, e si restaura il potere papale sulle macerie del
            mito di Pio IX.
               Così circa 6.000 volontari furono considerati “predoni” e braccati da soldati di
            ben 5 eserciti: 40.000 francesi, 20.000 napoletani, 9.000 spagnoli, 15.000 austriaci,
            2.000 mila toscani. Eppure questa “massa” (circa 86.000 uomini) vagolerà inutilmen-
            te per tutta l’Italia centrale.
               Per un mese e lungo 250 kilometri di strade, sentieri, boscaglie, l’esercito “tasca-
            bile” di Garibaldi, che ogni giorno si riduceva da battaglione, a compagnia, a plotoni,
            riuscirà a tenere in scacco boriosi generali e stati maggiori dei più potenti eserciti
            europei. Sempre braccati. Finalmente il mare: Cesenatico. Si va verso Venezia lon-
            tana. Poco distante, la Squadra navale austriaca si avvicina alla preda agognata. 160
            legionari catturati, tra sputi e insulti, vengono imbarcati. Altri tornano verso terra per
            darsi alla macchia.
               Resta con Garibaldi soltanto il capitano Leggero; con lui e con Anita, bruciante di
            febbre tra le sue braccia, si corre verso una palude. Vicino le barche nemiche.
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