Page 37 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
P. 37

37
            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            La fuga verso la libertà. L’arresto. L’esilio
               La mèta di Garibaldi e Leggero era Venezia. Impresa impossibile. L’unica possibi-
            lità restava il Regno di Sardegna. La “trafila” di Forlì penserà a consegnare i “nostri”
            a quella Toscana appena valicato l’Appennino. Incredibile: la salvezza sarà dovuta
            al curato di Modigliana, don Giovanni Verità, che per amore d’Italia farà valicare il
            confine a centinaia di patrioti.
               Don Giovanni, farà di più: salverà la vita di Leggero e Garibaldi, trasportandoli
            uno alla volta sulle proprie spalle all’altra sponda di un fiume in piena. Non solo, tra-
            vestirà Garibaldi e Leggero con costumi locali e con l’aiuto di uomini della “filiera”,
            a cavallo, in birroccio o a piedi, sorpasseranno l’Appennino la notte del 25 agosto al
            Passo delle Filigare.
               Qui si interromperà il contatto con don Giovanni. A libertà raggiunta, invierà al
            sacerdote liberale un biglietto: “Genova, 7 settembre 1849. Dil.mo Amico mi incari-
            ca il nostro Lorenzo farvi avvertito che le due balle di seta sono giunte a salvamento”.
            G.B. Grimaldi.”
               I nomi delle varie “trafile” fino alla Baia di Follonica meritano, come minimo, il
            ricordo in questa sintesi: l’ingegnere stradale Enrico Sequi; il 27 agosto nella casa di
            Girolamo Martini, poi a San Dalmazio, presso il medico condotto Camillo Serafini;
            il 1° settembre al mulino di Bruciano, dove l’attende Angelo Guelfi: qui giunge il
            padrone della barca Paolo Azzarini, con cui si arriva a Cala Martina; da Magnavacca
            a Cala Martina, dove li attende la barca Madonna dell’Arena con 6 persone di equi-
            paggio, Olivo Pina chiede a nome di tutti una “pezzuola, da dividere. La lasceremo
            come ricordo ai nostri figlioli. Avevamo per unico scopo di salvarvi e consegnarvi
            all’Italia, e volentieri veniamo con voi fino a Genova, se volete”.
               Ancora abbracci, con Garibaldi che ringrazia dicendo che “sul mare non teme
            nessuno”.
               La barca si stacca e va: gli uomini della “trafila” guardano Garibaldi che si allon-
            tana, mentre Garibaldi guarda la riva con lo sguardo oltre le loro teste, per un ultimo
            saluto verso la sua Anita che lo accompagnerà sempre con il suo Spirito. È stato l’uni-
            co vero amore di Josè che a Caprera, vicino al suo letto di morte, conserverà ancora
            una ciocca dei suoi capelli.
               Sbarca a Portovenere e il 4 settembre è a Chiavari dove, riconosciuto, riceve una
            manifestazione di simpatia. L’atmosfera politica in Liguria non è serena dopo l’insur-
            rezione genovese dell’aprile; inoltre, frontiere chiuse per i compromessi con la Re-
            pubblica Romana. Il generale La Marmora, Commissario Regio a Genova, comunica
            il 6 settembre: “Garibaldi è giunto a Chiavari. Lo farò arrestare. Che cosa ne debbo
            fare? Il meglio sarebbe di spedirlo in America”.
               Risposta immediata: “Si mandi in America, se vi acconsente. Gli si dia un sussi-
            dio. Se non vi acconsente si tenga in arresto”.
   32   33   34   35   36   37   38   39   40   41   42