Page 39 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale
trovasse. Il compito dell’Ufficiale dei Carabinieri era quindi in certo modo facilitato
da questo particolare stato d’animo del Generale. Inutili, pertanto, si rivelavano le
precauzioni adottate in Chiavari per fronteggiare gli eventi: «consegnata la truppa al
quartiere, consegnati i carabinieri e tutti i cavalli insellati». Non appena il capitano
Basso ebbe a comunicargli le intenzioni governative, doverlo cioè seguire in quel
luogo sicuro che avrebbe indicato il gen. La Marmora con formale assicurazione «di
buoni trattamenti e d’ogni riguardo», Garibaldi, superata la prima impressione di di-
sappunto, vi si adattò; e quando, a notte fatta la vettura, in cui aveva preso posto col
capitano Basso, partì da Chiavari e dalla folla si levarono acclamazioni per lui e grida
ingiuriose contro il Re, il Ministero e i carabinieri, fu il generale stesso che arringò i
presenti invitandoli all’ordine e alla calma.
Se la missione affidata al Basso poté essere condotta a termine con pieno successo
e senza incidenti, non così facili furono in seguito gli eventi per il Governo che quel-
la misura aveva promosso. Del risentimento di parte liberale si fece interprete alla
Camera la sinistra parlamentare e tra i più autorevoli oppositori fu Urbano Rattazzi.
Su mozione del Tecchio, la Camera dichiarò quell’arresto e la minacciata espulsione
di Garibaldi dal regno atti lesivi «dei diritti consacrati dallo Statuto e dei sentimenti
di nazionalità e di gloria italiani», ma il Governo non mutò atteggiamento, e il 16
settembre, convinto dal La Marmora, Garibaldi salpava a bordo del Tripoli pel suo
secondo esilio.
Al coro di recriminazioni che da ogni parte del regno si levò contro il ministero
fecero eco i cittadini di Chiavari, appuntando il loro malumore contro l’intendente e
contro i Carabinieri. Venne anzi diffusa in quei giorni, e affissa in diversi punti della
città, una caricatura, che raffigurava il conte di Cossilla con il brevetto di intenden-
te generale ottenuto per l’arresto di Garibaldi. Sotto, una nota illustrativa spiegava
«Saggio di una nuova sinonimia italiana: Intendente = biro; carabiniere = bargello».
«Non riconoscendo - scriveva l’intendente al Ministero dell’Interno l’8 settembre
di quell’anno – competente il pittore a darmi né la promozione, né la nota di biasimo,
non posso né rallegrarmi, né dolermi dell’opera sua».
«La stessa cosa potevano ripetere i Carabinieri e dirsi soddisfatti di aver assolto
ancora una volta il loro dovere, conciliando la moderazione e il tatto con le necessità
politiche di quei difficili momenti».
Come nella loro tradizione, ancora una volta i Carabinieri, per il bene di tutti,
sostituirono i loro sentimenti personali con la virtù dell’obbedienza.