Page 44 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            nemico poi; o per propensione di chiunque fosse con me macchiato dal suggello
            repubblicano. Fui rinchiuso in una segreta del palazzo ducale e quindi trasferito di
            notte a bordo della Fregata S. Michele. In ambo i luoghi però trattato con deferenza
            sia da La Marmora come a bordo dal cavalleresco comandante Persano. Io altro non
            ebbi che 24 ore per abbracciare i miei figli e tornare poi al mio posto di reclusione.
            Sulla mia parola mi permise ogni cosa il generale S. Giorgio che mi condusse altri
            travestiti (sic) ed i Carabinieri in allerta secondo le abitudini delle autorità regie mi
            fecero ritardare varie ore per sbarcare e quindi non ebbi altro tempo che di giungere
            a Caras ove si trovavano i miei figli, passarvi la notte e ripartire subito… Richiesto di
            scegliere un luogo di esilio, io scelsi Tunisi».
               Ebbene, il «Capitano travestito» nel riferire alle autorità superiori in merito alla
            missione compiuta, non mancò di dare il doveroso rilievo alla comprensione mani-
            festata dall’Eroe e concluse il suo rapporto sollecitando «quei maggiori riguardi che
            credessero usargli per ricompensarlo» (Dal volume “Carabinieri” - Edizione Istituto
            Divulgazione Storica – Roma, 1955).
               Come il Centurione romano sotto la Croce di Cristo, Alfonso La Marmora scrive-
            rà al Governo:
               “Garibaldi non è un uomo comune. La sua Fisionomia, comunque rozza, è molto
            espressiva. Parla poco e bene, ha molta penetrazione; sempre più mi persuado che
            s’è gettato nel partito repubblicano per battersi, e perché i suoi servigi erano stati
            rifiutati.
               né lo credo repubblicano in principio. Fu un grave errore non servirsene. occor-
            rendo una nuova guerra è un uomo da impiegare”.

            Uno Stato senza Nazione
               Il 14 marzo 1861, a Torino, Vittorio Emanuele II viene proclamato re d’Italia.
               Nasce quindi uno Stato “nuovo” sotto il profilo “amministrativo”, ma senza una
            “Nazione” dove per Nazione s’intende lo Spirito della nascita nell’accettazione e
            creazione di “Valori comuni” per la coesione.
               Inoltre, qualunque saranno le soluzioni adottate, resta sempre la domanda princi-
            pale ancora sul tappeto: perché, malgrado le spinte ideali di quanti credettero, lotta-
            rono e morirono non si è ancora formato uno Stato-Nazione? Tra il principale motivo
            indicato, resteranno per troppo tempo irrisolte alcune questioni che nelle realizza-
            zioni di altri Stati–Nazione non esistevano e da queste contrapposizioni di oggi. Tra
            queste:
               - la questione romana, intesa come ferma opposizione di una parte non minorita-
            ria del mondo cattolico al processo unitario;
               - il mito della rivoluzione, che ha impedito lo sviluppo della socialdemocrazia;
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