Page 42 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            all’invito gentilmente fattogli dal più volte mentovato intendente.
               Il brigadiere predetto eseguì molto bene l’ordine datogli e fummo difatti subito
            avvertiti del suo arrivo, per modo che ci sarebbe riuscito l’assicurarci della sua perso-
            na, sempre quando, come sopra dissi, non avesse preferito di recarsi da noi.
               Dalla condotta da lui tenuta in Chiavari dacché ci arrivò, non vi era punto a dubi-
            tare, e difatti più presto di quanto ci aspettavamo comparve nella sala ove ci trova-
            vamo riuniti, assieme ad un suo compagno di cui ignoro il nome, nativo dell’isola la
            Maddalena.
               La franchezza con cui si presentò e la confidenza che dimostrò riporre in noi tutti,
            mi fè nascere la certezza, ch’io sarei riuscito nel mio intento; quello cioè d’indurre il
            Garibaldi ad arrendersi spontaneamente all’ordine del governo senza passare ai mez-
            zi coercitivi, ed andare al riparo d’ogni funesta collisione che nascer poteva, qualora
            si avesse dovuto respingere con la forza la forza.
               Tutte le misure di precauzione erano a tal uopo state prese, consegnata la truppa
            (due compagnie) al quartiere, consegnati i carabinieri e tutti i cavalli insellati, mentre
            l’intendente ed io eravamo intenti a persuadere il Garibaldi il quale, dopo un po’ di
            resistenza, finalmente si determinò a partire per Genova sulla promessa fattagli che
            l’avrei io stesso accompagnato entro la vettura.
               Erano le ore 8 quando prese una tal risoluzione, e fu deciso che alle 10 sarebbe
            partito col mezzo della vettura di posta.
               Nel frattempo l’intendente lo accompagnò a casa, onde potesse vedere ed ab-
            bracciare i suoi congiunti, lacchè fu fatto senza che l’ordine fosse menomamente
            turbato.
               Venuta l’ora della partenza, una numerosa folla di gente si riunì avanti al palaz-
            zo dell’intendente contenendosi a stento col mezzo di persone influenti, che visto il
            modo prudente con cui erasi combinata l’operazione cercavano di tranquillar quella
            turba di fanatici, onde non commettessero ostili dimostrazioni.
               Giunta la vettura, feci salire entro la medesima il Garibaldi con un suo amico certo
            sig. Antonimi, negoziante di questa città, che per mezzo dell’intendente mi aveva
            pregato di concedergli un tal favore e dissi al brigadiere Saviotti vestito al par di me
            alla borghese, di collocarsi sul davanti col compagno di Garibaldi, giacché se volevo
            mantenere la data parola era d’uopo ch’io solo, e nessun altro entrasse con loro nella
            vettura.
               Finalmente si partì, ma il contegno dei numerosi astanti si cambiò, e prorompendo
            taluni in acclamazioni a Garibaldi, altri in grida ingiuriose contro il Re, il ministro e
            contro di noi, ci accompagnarono in quel modo per un quarto di miglio circa, facendo
            ad ogni tratto fermare i cavalli onde aver tempo di attestare al Garibaldi tutta la loro
            simpatia, per cui fui costretto di pregarlo a voler lui stesso, colla sorprendente sua in-
            fluenza, invitar quella folla tumultuante a ritirarsi locché fece di buon grado parlando
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