Page 38 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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38 CISM - ACtA del Convegno nAzIonAle dI StorIA MIlItAre - roM A 10 ottobre 2007
L’arresto di Garibaldi
Non è un mistero che più di una volta l’azione del generale Giuseppe Garibal-
di dovette essere accortamente “contenuta” dal governo centrale, se non addirittura
“arrestata”. E in verità si trattò di veri arresti, proprio nella persona dell’eroe dei due
mondi. A parte le ragioni storiche e politiche che portarono le autorità di governo a
così gravi decisioni, ci interessa in questa sede riferire la parte che ebbero i carabinie-
ri negli arresti del Generale.
Il primo arresto, quello del 1849, fu un compito delicato e difficile per lo stato
d’animo del paese, ancora esasperato dai sofferti insuccessi militari e politici e non
dimentico delle vicende che avevano portato nella primavera di quell’anno al moto
insurrezionale genovese e allo stato d’assedio. Ma il capitano dei Carabinieri inca-
ricato della scabrosa missione seppe condurla a termine con molta prudenza e con
grande moderazione, evitando ogni atteggiamento che avesse potuto ravvivare non
sopite passioni. Al Generale stesso non spiacque il franco, soldatesco contegno as-
sunto nei suoi riguardi e, volenteroso e conciliante, usò della sua influenza per evitare
che quella che era una ineluttabile necessità del momento potesse diventar motivo di
nuovi lutti e di nuovi dolori per la sua Patria.
L’arresto di Chiavari
A Chiavari il Generale era giunto all’annottare del 5 settembre 1849, dopo essere
sbarcato nelle prime ore di quel giorno a Portovenere, chiudendo così, nella terra dei
suoi avi, l’avventuroso capitolo della sua peregrinazione. Sebbene fosse già notte, la
notizia dell’arrivo si diffuse rapidamente in città e vi destò emozione ed entusiasmo.
L’appresero subito anche le autorità e, poche ore dopo, un carabiniere a cavallo parti-
va alla volta di Genova per recapitare i dispacci che l’intendente conte Nomis di Cos-
silla e il capitano dei Carabinieri Filippo Ollandini spedivano ai rispettivi superiori.
Gli ordini non tardarono a giungere, poiché l’ipotesi già era stata esaminata e i
provvedimenti da adottare decisi. Il La Marmora, che dopo avere represso con molta
energia la rivolta dell’aprile precedente era rimasto in Genova quale regio commis-
sario straordinario, non appena seppe della presenza di Garibaldi in Chiavari, ne di-
spose il fermo. Si uniformava così alle direttive ricevute, che gli facevano obbligo di
trattenere momentaneamente in arresto i reduci della difesa di Roma.
Per la delicata missione fu prescelto il capitano dei Carabinieri Carlo Alberto Bas-
so, che ricevette istruzioni scritte di ricercare in Chiavari il «famigerato Garibaldi» e
di «assicurarsi della sua persona con quei migliori modi che sarà possibile».
In quel momento però, Garibaldi non aveva altra intenzione che quella di raggiun-
gere a Nizza i figliuoli e la vecchia madre; e questo disse francamente all’intendente,
che la sera del 5 si era recato da lui per sapere di dove venisse e in quali condizioni si