Page 55 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
P. 55
55
Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale
passando per di sotto e di fianco, avevano tagliate le tirelle degli arnesi dei cavalli, e
la vettura fu trascinata nell’atrio dell’albergo, ove il Generale, dopo avere con dolore
nuovamente orinato, entrò nella sala ove mostrò desiderio di prendere un po’ di ri-
storo, ciò che gli concessi con tutta cortesia. Egli accettò come un favore quella mia
adesione e mostrò volontà di prendere alcune ore di riposo essendo, ei diceva, ben tre
notti senza dormire. Io gli rappresentai che i miei ordini m’ingiungevano di condurlo
altrove e pochissimo lontano, ma che conoscendo le benevoli intenzioni del Governo,
se egli insisteva, avrei dovuto, benché con dispiacere, lasciargli passare la notte in
Spezia, essendo mio desiderio soprattutto di evitare delle dimostrazioni nelle quali
sono ben spesso pur troppo possibili deplorabili fatti e collisioni, che dovevano pur
affliggere il signor Generale qualora avvenissero. Egli continuando a protestare che
assolutamente non si sentiva la forza di ritornare in vettura e d’altronde sapendo io
che difficilmente al Lazzaretto del Varignano poteva essere in pronto l’appartamento
per ricevere il Generale, mostrai di uniformarmi ai suoi voleri, purché mi desse la sua
parola d’onore che sarebbe partito all’albeggiare, come infatti successe.
Nel corso della notte presi tutte le disposizioni necessarie per togliere al mattino
ogni qualunque impedimento al nostro viaggio, e vi riuscii, essendo arrivato al Laz-
zaretto alle ore 8.20 del 5 novembre, senza il menomo inconveniente. Il Generale si
mostrò lungo il viaggio d’umore gaio, mi parlò con benevolenza, mi raccontò i fatti
di Monterotondo, e la sua ritirata con enfasi, rispondeva cortesemente a tutte le do-
mande che io gli faceva. Smontò calmo dalla vettura, discese nell’imbarcazione che
ci portò alla punta del Lazzaretto, ov’è una buona scala per salire nel Castello; entrò
nel suo appartamento, ove gli feci offrire i viveri che fortunatamente aveva conserva-
to e che gli tornarono molto graditi, avendomene fatti più volte i suoi ringraziamenti
anche quando qui giunto potesse ciò essergli necessario.
Egli sedette a mensa, poi si riposò lungh’ora; ma pare tutto rassegnato alla sua po-
sizione. Avendogli io significato che egli poteva, se desiderava, discendere, ogni qual
volta gli piacesse, a passeggiare nel Castello accompagnato da me o dal maggiore
signor Fiastri, o da alcuni dei capitani dei bersaglieri si mostrò pur riconoscente. Né
ricevette con mal garbo la significazione ch’io gli faceva, che non avrei permesso,
finché m’arrivassero istruzioni, che né Egli né i suoi scrivessero e spedissero lettere
senza essere da me vedute.
Non mi fece la menoma osservazione quando gli significai che i due suoi servi
non potranno uscire dal Castello; che se alcuna cosa avessero operato che potesse
nuocere alla custodia avrei dovuto inesorabilmente, benché con dolore, allontanarli
dalla sua persona.
Ho preso tutte le precauzioni per impedire un’evasione, che non è improbabile
possa essere tentata.
Fu una vera fortuna lo aver condotto qui col generale Garibaldi il sig. Canzio.