Page 86 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            conversatore» .
               Da questo momento diventava importante consolidare la situazione che era venu-
            ta maturando non solo sui campi di battaglia, ma nel centro Italia dove la sollevazione
            popolare guidata dalla Società nazionale italiana ave indotto i vecchi sovrani ad ab-
            bandonare ducati e granducati e aveva tolto al papa la sua regione più ricca.
               I preliminari di pace lasciarono in sospeso la questione dei Ducati, delle Legazioni
            pontificie e della Toscana. I commissari sardi vennero ritirati, si costituirono governi
            provvisori che poterono fare affidamento sui tanti volontari arrivati in Toscana dopo
            il 27 aprile e costituiti nel II Corpo dell’Armata dell’Italia centrale, mentre i giovani
            toscani vennero arruolati nel I Corpo sotto il comando di Girolamo Ulloa.
               Garibaldi si dimise da generale dell’esercito piemontese e arrivò a Modena il 30
            agosto per assumere il comando della Divisione toscana, già agli ordini di Ulloa, che
            nel ritorno dal Mincio, era stata fermata in Emilia.
               Poco dopo, il generale Manfredo Fanti, dispensato dal servizio nell’esercito sardo,
            assunse il comando dell’esercito della Lega dell’Italia centrale e nominò comandante
            in seconda il generale Garibaldi. Per circa due mesi Fanti fu affiancato nel comando
            da Garibaldi, ma i rapporti tra i due generali, in una situazione politicamente molto
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            difficile, furono piuttosto burrascosi e si conclusero con l’abbandono di Garibaldi .
               «L’armistizio di Villafranca, che tutti capirono esser preliminare di pace, lasciava
            i Cacciatori delle Alpi in uno stato inadeguato alla loro natura. Giovani generosi,
            avendo abbandonato arti e comodi della vita per giungere ove si pugnava per l’Italia,
            non erano certamente idonei alla pacatezza delle guarnigioni, del quartiere, e soprat-
            tutto alle esuberanti discipline della monarchia in tempo di pace.
               Sin dal principio dell’armistizio, quindi, si capì: i Cacciatori delle Alpi divente-
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            rebbero pianta esotica in mezzo all’esercito permanente […]» .
               Emerge qui, nelle parole di Garibaldi, il nodo centrale del volontariato. I volontari
            sono pronti a mobilitarsi, a combattere e morire, ma sono molto meno interessati alla
            vita militare come professione. Eppure molti rimasero. I Cacciatori delle Alpi, che
            erano stati arruolati per un anno, furono ordinati su una Brigata di 2 Reggimenti.
               Ci fu anche chi fece domanda per entrare nelle accademie piemontesi o nella
            scuola di fanteria istituita dal generale Fanti a Modena nell’ottobre 1859.
               Gli ex ufficiali garibaldini, che scelsero di rimanere nell’esercito, furono però


            31   Alfonso Scirocco, Garibaldi e il suo mito nelle riviste illustrate, “Nuova Antologia”, n. 2242,
               2007, p. 41.
            32   Emilia Morelli, La sinistra rivoluzionaria da Villafranca ai Plebisciti, in Atti del XLII con-
               gresso di storia del Risorgimento italiano, Roma, 1966, pp. 104-110.
            33   Giuseppe Garibaldi, Memorie cit., p. 232.
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