Page 93 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
P. 93
93
Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale
5
ghi entrarono nell’armata regolare . Ma fu anche una storia di conflitti, in alcuni casi
di vera e propria concorrenza tra due concezioni diverse dell’impegno in armi e dei
rapporti tra Esercito e società. All’interno del decennio 1860-1870 si possono indi-
viduare alcuni momenti particolarmente significativi, che sarà opportuno prendere in
considerazione più da vicino.
La prima fase su cui è necessario soffermarsi è ovviamente – tra l’autunno del
1860 e la primavera del ’62 – quella della smobilitazione dell’Esercito meridionale
garibaldino, il quale, nella sua avanzata dalla Sicilia al Volturno si era accresciuto
fino ad avvicinarsi alle 50.000 unità, tra cui circa 7.000 ufficiali. Tenuto conto del
contesto storico in cui si operarono queste scelte e delle caratteristiche del volon-
tariato garibaldino, è chiaro che i provvedimenti relativi alle camicie rosse furono
fortemente sollecitati, accanto agli aspetti tecnici, da preponderanti considerazioni
politiche. Ancora prima della proclamazione del Regno d’Italia e mentre al Sud con-
tinuava il conflitto con le truppe borboniche, l’11 novembre 1860 fu pubblicato il
6
decreto reale che determinava in sostanza lo scioglimento dell’Esercito meridionale.
Esso stabiliva che i volontari avrebbero formato un corpo separato dall’armata rego-
lare con ferma di due anni per la «bassa forza»; gli ufficiali avrebbero potuto entrare
nell’Esercito dopo essersi sottoposti al giudizio di una Commissione di scrutinio.
Presentando invece le dimissioni, ufficiali, sottufficiali e soldati avrebbero goduto
della gratificazione di sei mesi di paga.
5 Pompilio Schiarini, I Mille nell’esercito, in «Memorie storiche militari», 1991, fasc. 5, pp.
527- 610.
6 Il decreto fu in realtà pubblicato a Torino, a firma di Cavour e Fanti, solo il 16 novembre,
ma appositamente retrodatato all’11. Il provvedimento aveva come antecedente immediato il
consiglio svoltosi presso Vittorio Emanuele proprio l’11 novembre a Napoli. In quella contin-
genza Fanti e Della Rocca avevano espresso tutte le loro riserve rispetto ai garibaldini, mentre
Farini – per opportunità politica e su mandato di Cavour – aveva tentato di ammorbidire
la loro linea, proponendo gratificazioni di tipo pensionistico ed economico. Quest’incontro
produsse innanzitutto l’ordine del giorno che il re indirizzò alle truppe il 12 novembre, antici-
pando i contenuti del decreto poi retrodatato. L’atto conclusivo fu rappresentato dal Consiglio
dei ministri svoltosi a Torino il giorno 14, cui partecipò lo stesso Fanti, in arrivo dal Sud e
pronto a riscuotere il consenso della linea perorata dai vertici dell’Esercito regolare. L’esito
finale costituì anche una vittoria politica per Cavour, che vide neutralizzati i progetti dei ge-
nerali garibaldini dalla rigidità della posizione di Fanti e rispettate le opportunità di politica
interna grazie ai ritocchi più moderati voluti da Vittorio Emanuele (Cfr. Franco Molfese, lo
scioglimento dell’esercito meridionale garibaldino, in «Nuova Rivista Storica», XLIV, 1960,
n. 1, pp. 25-27). Su questa fase si vedano anche Massimo Mazzetti, Dagli eserciti preunitari
all’esercito italiano, in «Rassegna storica del Risorgimento», 1972, n. 4, pp. 563-592; Piero
Pieri, Storia militare del Risorgimento. Guerre e insurrezioni, Einaudi, Torino 1962, pp. 734-
744; Id., Le forze armate nell’età della Destra, Giuffrè, Milano, 1962, pp. 55-69.