Page 94 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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               La fase definitiva per i destini delle camicie rosse si collocò nella primavera del
            1861: l’11 aprile fu emanato il decreto che, se sanciva ufficialmente la nascita del
            Corpo Volontari Italiani come teorico collettore – separato dall’armata – dei gari-
            baldini, nella sostanza chiudeva le prospettive di un reale inserimento di un numero
            consistente di ex ufficiali in camicia rossa nell’Esercito regolare. Il decreto riduceva
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            il Corpo Volontari Italiani «ad organismo puramente di quadri» ; gli ufficiali previsti,
            circa 2.200, dovevano essere scelti tra quelli riconosciuti dalla Commissione di scru-
            tinio, ma gli stessi erano collocati in disponibilità o in aspettativa. Gli arruolamenti
            dei volontari, che avrebbero dovuto costituire la «bassa forza», erano genericamente
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            rimandati al futuro .
               La primavera del 1861 fu anche il momento di più intenso scontro politico tra
            governo moderato ed opposizione in merito alla gestione delle forze garibaldine, con
            l’intervento alla Camera dello stesso generale dei Mille. Le argomentazioni della
            Sinistra ruotavano attorno a questo interrogativo polemico: se dal Paese – in special
            modo dalle province dell’impresa garibaldina – si faticava a ricavare forze sufficienti
            all’armata di uno Stato di moltiplicate proporzioni, perché rinunciare all’Esercito
            meridionale? Quest’ultimo incarnava inoltre la forza d’attrazione esercitata da una
            militanza patriottica e da una forma di integrazione sociale tradotta nell’esercizio
            delle armi, garantendo oltretutto l’adesione alla causa liberale e nazionale. Questi,
            nella sostanza, gli argomenti avanzati dalla Sinistra.
               Sul fronte opposto, nei mesi tra l’autunno del ’60 e la primavera del ’61, fu so-
            prattutto il ministro della Guerra Manfredo Fanti a farsi promotore e portavoce – in
            Parlamento così come presso Vittorio Emanuele II – di scelte di politica militare che
            rispondevano in gran parte agli interessi tradizionali e agli orientamenti dei vertici
            dell’Esercito, ancora in buona parte dominati dalla componente piemontese. Fanti
            legittimava del resto il proprio operato sulla base dell’assioma della fatale non orga-
            nizzabilità dei volontari.


                  “Il volontariato ha una maniera propria di essere.
                  Con tutto l’impegno di cui sono stato capace, con tutta la buona volontà del
               mondo, nulla ho potuto fare a questo riguardo.
                  […] Non si può obbligare un cittadino a star sotto le armi, se la legge non
               ve lo chiama. Bisognava adunque che i volontarii prendessero una ferma. Bi-
               sognava armarli e vestirli, né si poteva far tale gravissima spesa per vederli poi
               dileguarsi dopo alcuni giorni. Quindi si è detto: chi vuole andare, vada.


            7   Molfese, Lo scioglimento dell’esercito meridionale garibaldino cit., p. 41.
            8   L’art. 13 accordava al ministro della Guerra la facoltà di chiamare singoli ufficiali a frequen-
               tare corsi d’istruzione, su richiesta dei comandi divisionali.
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