Page 96 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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               carriera garantita da apposite istituzioni e leggi.
                  Credo quindi che la questione delle truppe del Generale Garibaldi, dove si
               profusero senza norma alcuna i gradi i più eminenti in una scala favolosa, deve
               essere profondamente studiata e decisa in Consiglio dei Ministri, i quali sono
               i custodi delle Leggi e dei diritti dei sudditi di V.M., e che avranno a renderne
               conto alla Rappresentanza Nazionale.
                  L’analogia che alcuni credono di trovarvi coll’Armata dell’Italia Centrale
               non  regge  al  paragone,  dacché  in  Toscana  l’Armata  era  regolare,  e  quella
               dell’Emilia fu da me talmente regolata prima dell’annessione tanto pei gradi
               che per le anzianità […].
                  […] Aggiungasi che accorsero a formare quell’Armata tutti quei Militari,
               che ritiratisi dal servizio, o provenienti dall’Austria o dalla Spagna o dagli altri
               Stati d’Italia, vi avevano fatto una carriera regolare, ed avevano preso parte
               alla guerra del 48-49 e 59 in Italia, in Lombardia, nella Venezia, a Roma, a
               Bologna, ad Ancona.
                  Devo dunque […] manifestare a V.M. che mi sento impotente ad emettere
               un consiglio sull’avvenire delle truppe del Generale Garibaldi, e che non potrei
               assumere la responsabilità di un atto da cui può dipendere l’avvenire d’Italia.
                  Oserei frattanto proporre a V.M. un Decreto formato sulle basi, che ho get-
               tate in fretta sul qui unito foglio, e che a me pare potrebbe emanarsi tanto da
                                                              te  le
               me a nome di V.M. come da S.E. Farini, come Log. g  dell’ex Regno delle
                        10
               due Sicilie .
               La denuncia degli straordinari avanzamenti degli ufficiali in camicia rossa, con-
            trapposta alla presunta inflessibilità dell’Esercito regolare, era una delle argomen-
            tazioni tipiche di Fanti, che piegava però la rappresentazione degli eventi ai propri
            obiettivi politici. Se erano esagerate e discutibili le sue affermazioni in merito alla
            disinvoltura nell’attribuzione dei gradi e alla scarsa esperienza militare di molti uffi-
            ciali garibaldini, quanto sosteneva sull’assenza di grandi avanzamenti nell’Esercito


            10   Archivio Centrale dello Stato (d’ora in poi ACS), Archivio Manfredo Fanti, scatola unica,
               copia di lettera di Fanti a Vittorio Emanuele II, Napoli, 11 novembre 1860, su carta intestata
               «Comando Generale dell’Armata». Il foglio porta un’aggiunta a penna di Fanti: «Lettera da
               me scritta e presentata a S.M.. Fu in seguito di questa lettera che sono partito da Napoli per To-
               rino, onde stabilire in Consiglio di Ministri il modo e le norme di condotta inverso delle truppe
               o volontarj di Garibaldi». Alla missiva faceva seguito una bozza di decreto proposta da Fanti,
               che nella sostanza avrebbe trovato riscontro nella stesura definitiva del provvedimento. Fanti
               fece ricorso alle stesse argomentazioni usate nella lettera al re anche nel dibattito parlamentare
               del 18 aprile 1861, cfr. AP, CD, Discussioni, VIII legislatura, sessione del 1861, tornata del 18
               aprile 1861, pp. 569-571.
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