Page 100 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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               to le nostre insegne (già molti e ufficiali e bassi ufficiali lo fecero), e la Sicilia
               intera per non parlare del resto si leverebbe in rivolta. Dovunque ci avanziamo,
               i paesi ci accolgono con indescrivibile entusiasmo, e il nostro piccolo esercito
               è salutato con fraterne acclamazioni. Abbiamo armi, munizioni, e già un or-
               dinamento discreto. […] Abbiamo una compagnia composta della più bella
               gioventù di Palermo. Il partito moderato stesso appoggia il moto.
                  […] Le nostre forze si accrescono ad ogni momento. Siamo pieni di fiducia
               nei sentimenti patriottici dell’esercito, tanto più che ci giungono continuamen-
               te disertori, ed annunci, anche da ufficiali, che appena si troveranno a fronte
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               con noi, ci abbracceranno come fratelli .”
               Per tutto quel mese di agosto «Il Diritto», così come tante altre testate democrati-
            che, aveva accompagnato le notizie sulle diserzioni e sugli spiriti malfermi di soldati
            e ufficiali con ragionamenti sulle caratteristiche di un esercito degno di un regime li-
            berale, figlio della nazione e non solo servitore del re – incompatibile con un modello
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            di ascendenza pretoriana  – , traendone favorevoli auspici sulla condotta delle truppe
            dinanzi ad un eventuale ordine di attacco alle camicie rosse.
               Il governo di Parigi – sentinella del potere temporale del papa fin dal 1849 –,
            direttamente o per interposta persona istigava nel frattempo il Ministero Rattazzi
            all’azione repressiva, facendo giungere l’eco della propria sfiducia negli strumenti di
            controllo del Regno di Vittorio Emanuele, che sembrava accingersi a subire ad opera
            di Garibaldi ciò che due anni prima aveva sofferto il Borbone .
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               «Equivoco»: questo è il termine e il concetto che domina la riflessione sugli even-
            ti, mentre ancora si stanno dispiegando. L’equivoco è anzi l’elemento che innesca e
            legittima una concatenazione di azioni miranti a scioglierlo, prima fra tutte la pub-
            blicazione – il 3 agosto – del proclama sottoscritto da re e ministri, che chiariva la
            dissociazione delle istituzioni dal tentativo garibaldino e configurava una serie di
            reati. Provvedimento agli occhi di molti inopportuno, gesto impotente; per quasi tutti,
            comunque, tardivo. In effetti, una settimana dopo, il ministro degli Esteri Durando,
            in uno scambio epistolare con Nigra, concludeva che solo l’azione militare avrebbe
            potuto disingannare la popolazione siciliana, alla quale Garibaldi continuava ad ap-




            16   Museo Centrale del Risorgimento (Roma) (d’ora in poi MCRR), b. 233, fasc. 55, n. 6, lettera
               di Giuseppe Civinini ad Angelo Bargoni, Campo di M., 4 agosto 1862.
            17   Cfr. in particolare torino, 9 agosto, «Il Diritto», 10 agosto 1862; torino, 24 agosto, «Il Dirit-
               to», 25 agosto 1862.
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            18   I Documenti Diplomatici Italiani (d’ora in poi DDI), 1  s. (1861-70), vol. III (1 agosto 1862-9
               luglio 1863), Gioacchino Napoleone Pepoli a Rattazzi, Parigi, 22 agosto 1862, pp. 530-31.
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