Page 103 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            [sic] veder Garibaldi ribelle festeggiato ed onorato perfino da autorità Governative e
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            Carabinieri Reali» .
               Perché non si rinnovassero «le scene di Sicilia» Petitti raccomandava a La Mar-
            mora – prefetto e poi commissario delle province napoletane durante lo stato d’asse-
            dio – di «inculcare a tutte le autorità che Garibaldi non è che un ribelle, che va trattato
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            come tale» .
                  “Diserzioni e domande dimissioni verificatesi provano necessità finirne.
               Prolungandosi questo stato – ammoniva il ministro della Guerra il 18 agosto –
               tali fatti si moltiplicheranno e saremmo perduti con ignominia.
                  Solo mezzo uscirne è attaccare bande con energia e risoluzione. Combatti-
               mento comprometterà truppe e le manterrà fedeli al Re .”
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               Il 30 agosto, all’indomani dello scontro sull’Aspromonte, Costantino Nigra – rap-
            presentante italiano a Parigi – poteva congedarsi dal ministro degli Esteri Durando
            constatando con compiacimento che

                  “Da oggi solamente le provincie meridionali cessano di appartenere moral-
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               mente a Garibaldi per appartenere all’Italia .”
               In effetti la scelta di percorrere la via dello stato d’assedio, di estenderlo a pro-
            vince per nulla coinvolte dagli avvenimenti e di prolungarlo per quasi tre mesi può
            essere anche ricondotta, a mio parere, a questa ferma ma allo stesso tempo rabbiosa
            rivendicazione d’autorità, a quest’imperativo di segnatura del territorio che si accom-
            pagnava alle esigenze concrete dello scioglimento della crisi. Non si trattava sempli-
            cemente, in altre parole, di un esercizio di forza oggettivamente sproporzionato alle
            circostanze, ma di un uso – e spesso di un abuso – del potere dalla profonda valenza
            simbolica, in una sorta di risarcimento postumo della perdita del controllo che si era
            sofferta o temuta. La doppia ferita delle truppe che avevano disertato o recalcitrato
            all’ipotesi di battersi contro le camicie rosse e delle autorità periferiche che, spesso
            in assenza – ma non solo – di ordini circostanziati, avevano agito in contrasto con la


            28   Ivi, telegramma di Petitti a Cugia, Torino, 13 agosto 1862, h. 10 antimeridiane.
            29   Ivi,  telegramma di Petitti a La Marmora, Torino, 26 agosto 1862, h. 4.45 pomeridiane.
            30   Ivi, telegramma di Petitti a Cugia, Torino, 18 agosto 1862, h. 10 antimeridiane.
                     a
            31   DDI, 1  s. (1861-70), vol. III (1 agosto 1862-9 luglio 1863), p. 56. Nigra aggiungeva che da
               Parigi si auspicava severità nei confronti di Garibaldi, ma non l’applicazione dello stretto ri-
               gore della legge. La Francia proponeva inoltre di condurlo in America, facendogli promettere
               di non rientrare più in Italia, oppure di confinarlo sotto scorta a Caprera.
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