Page 104 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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linea politica governativa, avrebbe avuto bisogno di essere sanata con la nomina a
commissari straordinari per la Sicilia e per le province napoletane rispettivamente di
Cugia – cui poi sarebbe subentrato Cialdini – e La Marmora, due generali già chia-
mati in extremis a sostituire i prefetti.
Nell’estate del 1862, su un totale di non più di 5.000 garibaldini, le diserzioni
dall’Esercito regolare superarono abbondantemente le 250 unità, adottando come
elemento di riferimento le sentenze emesse dai Tribunali militari di guerra attivi a Ca-
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tanzaro, Messina e Palermo dopo i fatti . In molti casi l’allontanamento dai corpi era
stato preludio all’unione alle formazioni dei volontari, il che costituiva ovviamente
un’aggravante a livello processuale. In questa sede non è possibile approfondire tali
aspetti, ma sarà comunque utile segnalare il ruolo centrale che occupava nelle depo-
sizioni dei disertori il tema dell’equivoco e dell’illusione. La ricerca di un’attenuante
poteva ovviamente essere alla base di queste ricostruzioni, ma è indubbio che le
ambiguità dei vertici politici rendevano plausibile e facilmente utilizzabile una rap-
presentazione del genere. Si verificarono del resto episodi formalmente controversi,
come la vicenda che coinvolse in Sicilia la Brigata Piemonte, da cui si allontanarono
32 ufficiali, ai quali era stata reiteratamente proposta dai superiori la dimissione, qua-
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lora non fossero stati certi di voler combattere contro i garibaldini .
In ogni caso, sul piano generale, gli avvenimenti rimettevano al centro dell’attua-
lità il problema dell’autorità morale di Garibaldi, cioè della forza di un modello alter-
nativo di identificazione politica e di obbedienza militare, che fatalmente interferiva
con le fedeltà formali.
Mentre Garibaldi e i volontari non provenienti dall’Esercito furono amnistiati il 5
ottobre 1862, i disertori furono liberati solo nel marzo del ’65, dopo che la condanna
originaria – spesso la pena capitale previa degradazione – era già stata commutata in
lavori forzati e poi in reclusione a vita.
La vicenda conclusasi sull’Aspromonte – così dolorosa e imbarazzante per quella
prefigurazione di «guerra civile» che portava in sé – non sollecitò una grande pro-
duzione memorialistica, per comprensibili motivi: sul lungo periodo quella specifi-
ca esperienza si adattava maggiormente ai meccanismi della rimozione e, casomai,
quand’era possibile, veniva inglobata all’interno di una sequenza autobiografica in
camicia rossa che dal 1860 poteva spingersi fino al 1866 e oltre.
Nell’immediato però – nell’arco di mesi o di pochissimi anni – gli avvenimenti
32 Cfr. ACS, Tribunali militari di guerra di Palermo, Messina, Catania e Catanzaro (1862), bb.
1-6.
33 Gli interessati produssero una breve pubblicazione sulla vicenda: Petizione dei 32 ufficiali
rimossi della Brigata Piemonte, Tipografia Cavour, Torino 1862. Si veda anche AUSSME,
G-4/2.