Page 105 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            di quell’estate spinsero alcuni protagonisti a forme di scrittura – spesso esercitate
            dal carcere – più vicine alla polemica politica, non per questo, talvolta, meno intense
            ed ispirate. È questo il caso dei ricordi del siciliano Giuseppe Bennici, forse il frutto
            migliore di questo filone a metà strada tra la memoria, il diario e la denuncia accorata.
            Bennici, che vestì a più riprese la camicia rossa dal 1860 al ’67, ad Aspromonte arrivò
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            sostanzialmente da disertore . Le sue memorie, densissime di fatti e di tematiche,
            avevano come incipit gli avvenimenti del ’60:

                  “Era la notte del 26 maggio 1860 […]. Fatto prigioniero con l’armi alla
               mano alli 21 maggio, nei monti di Monreale, caposquadra nelle file dell’insur-
               rezione siciliana, l’indomani io dovea sedere sul banco della giustizia come
               colpevole di fellonia e di ribellione; e la condanna di morte era sicura.
                  […] Giuseppe Garibaldi, all’alba dei 27 entrava in Palermo, e dopo tre
               giorni di fuoco, stragi e rovine annientava le bande borboniche; ed io, pochi
               giorni avanti segno di oltraggi e patimenti, con ogni sorta d’onori dai medesi-
               mi sgherri era reso libero cittadino di libera terra .”
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               Giurati tra sé e sé «eterna fede ed affetto costante al mio liberatore», lo seguiva
            fino al Volturno. Due anni dopo, ufficiale dell’Esercito regolare, si trovava ad Ader-
            nò e veniva posto di fronte all’alternativa di battersi contro Garibaldi – «che con la
            medesima bandiera del plebiscito, marciava alla liberazione di Roma» – oppure di
            rassegnare le dimissioni e di lasciare il campo.

                  “Io non possedeva che una sciabola; e il mio avvenire era tutto oramai
               nella illustre carriera militare. Pur tuttavia […] deposte le spalline, incontrato
               Garibaldi in Catania […] mi riunii ai miei antichi commilitoni di Calatafimi e
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               del Volturno .”

               Ben presto però l’illusione di rinnovare il recente passato si era tradotta nel ca-
            povolgimento grottesco e scoraggiante di ciò che era stato. Condannato, in quanto



            34  Nei suoi ricordi Bennici dichiarava di aver usufruito delle possibilità di dimettersi che gli era
               stata offerta, ma di non aver aspettato che le sue dimissioni, regolarmente presentate, fossero
               formalmente accettate. In effetti nella sentenza egli appare imputato e condannato per tradi-
               mento – non per diserzione – essendosi poi unito ai garibaldini (ACS, Tribunali militari di
               guerra di Palermo, Messina, Catania e Catanzaro (1862), b. 6)
            35  Dopo Aspromonte. Ricordi di Giuseppe Bennici, Tipografia Cerutti e Derossi, Torino 1865, pp.
               1-2.
            36  Ivi, p. 2.
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