Page 37 - 150° Anniversario II Guerra d'Indipendenza - Atti 5-6 novembre 2009
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l’azione della società nazionale fino alla viGilia della Guerra (1857-59)  37



                      A Torino vive Giorgio Pallavicino, il martire dello Spielberg, esule lom-
                   bardo rispettato e ascoltato, schierato col governo contro l’estremismo maz-
                   ziniano.
                      Sono questi tre personaggi che avviano quel collegamento tra mondo della
                   rivoluzione e mondo della diplomazia che si rivelerà così positivo.
                      L’interesse di Cavour per gli esuli, sia quelli che hanno stabilito la loro di-
                   mora a Torino, sia quelli che vivono all’estero, è un chiaro segnale della linea
                   di indirizzo del governo sardo. Collegarsi con questi uomini vuol dire stringe-
                   re legami anche con i gruppi politici che essi rappresentano, sia in Italia, sia
                   nell’emigrazione.
                      E’ un primo avvio del sistema di penetrazione politica negli stati preunitari
                   realizzato attraverso i più noti rappresentanti ed è, soprattutto, un modo per
                   essere presente nel dibattito politico di questi gruppi, portandoli progressiva-
                   mente a riconoscere al Piemonte una legittima rappresentanza.
                      Ci si misura già sul comune interesse nazionale.
                      Quando infatti nella primavera del 1854 Cavour decide di stringere i rap-
                   porti con Manin lo definisce: «uomo leale e schietto, che sta saldo sulle utopie
                   repubblicane, ma che pospone queste utopie all’interesse nazionale».
                      Era  questa  la  differenza  tra  repubblicani  come  Manin,  Pallavicino,
                   Garibaldi, La Farina e il repubblicano Mazzini, differenza che portò al pro-
                   gressivo isolamento del secondo nel corso del “decennio di preparazione” e
                   al lento e consapevole confluire dei primi nell’alveo della politica monarchica
                   cavouriana, nel nome del comune interesse nazionale.
                      Il dibattito sugli errori del passato, l’analisi della realtà presente, le pro-
                   spettive di un futuro che si voleva delineare secondo direttrici completamente
                   diverse dall’avventurismo, dall’intempestività e dal pressapochismo che ave-
                   vano segnato il fallimento dei tanti progetti dei precedenti decenni, portava
                   fatalmente a guardare al Piemonte.
                      Garibaldi che ha sempre avuto una particolare capacità di percepire lo sta-
                   to d’animo delle masse, già nel 1854 scriveva che «oggi l’Italia tutta guarda
                   al Piemonte, come il navigatore alla tramontana».
                      Nel febbraio del 1856 quando Cavour si reca a Parigi per prendere parte ai
                   lavori della conferenza di pace, dopo la guerra di Crimea, incontra nuovamen-
                   te Manin e insieme a lui c’è Pallavicino.
                      È interessante rendersi conto che personaggi che hanno storie diverse si
                   avviano ad incontrarsi su un progetto comune che matura quasi da solo.
                      Tutto il dibattito politico avviene sulla stampa. Proclami, proposte, lettere
                   programmatiche, vengono pubblicate e confutate pubblicamente. E’ impor-
                   tante sottolineare questo continuo ricorrere ai giornali come canale privilegia-
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