Page 45 - 150° Anniversario II Guerra d'Indipendenza - Atti 5-6 novembre 2009
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l’azione della società nazionale fino alla viGilia della Guerra (1857-59)  45



                   frutticoli che vengono esportati dalle regioni del sud per pochi soldi ed impor-
                   tati al nord via Francia e Gran Bretagna a prezzi carissimi. L’alto dazio impe-
                   disce ai piemontesi di avvantaggiarsi dell’abbondanza di carta e di legname
                   della vicina Lombardia, mentre in compenso possono comprare a Nantes le
                   acciughe siciliane.
                      Anche la cultura viene danneggiata da questa situazione. Mentre gli scrit-
                   tori francesi hanno fama nazionale, quelli italiani possono al massimo aspira-
                   re ad una fama provinciale e questo incide negativamente sugli interessi dei
                   librai come degli stampatori, degli scrittori come degli editori. Tutte le classi
                   sono dunque interessate al cambiamento, i commercianti come gli operai, gli
                   intellettuali come gli imprenditori. Chiarito il vantaggio comune, La Farina
                   riprende a trattare la questione da un punto di vista globale. Per raggiungere i
                   risultati agognati l’Italia deve diventare forte e potente, ma per ottenere pro-
                   sperità e ricchezza deve unire le sue forze e combattere per l’indipendenza,
                   dalla quale sorgerà «quella libertà della quale la nazione è capace» e che le
                   permetterà di assumere «quella forma di reggimento che meglio risponda ai
                   suoi morali e materiali bisogni».
                      La parola chiave è dunque “unità” di tutte le forze per uno scopo comune.
                   Ecco «il nobile e santo scopo che si propone la Società nazionale italiana.
                   Noi vogliamo unificare l’Italia, sì che concorrano alla sua liberazione tutti gli
                   elementi di forza ch’ella racchiude nel suo seno. Noi vogliamo concordia tra
                   le idee che preparano le rivoluzioni ed i fatti che le compiono. […] concordia
                   tra provincia e provincia, città e città, classe e classe […]. Concordia tra il
                   governo piemontese, che ha in potestà sua esercito agguerrito, finanze, am-
                   ministrazione ordinata, credito e riputazione, ed il popolo italiano, che ha il
                   numero, la forza, l’impeto rivoluzionario […]. Concordia infine tra la Casa di
                   Savoia e l’Italia, finché la Casa di Savoia saprà tener alto, rispettato e glorioso
                   il vessillo della italiana indipendenza». Tutti coloro che condividono questi
                   principi possono collaborare con la Società per il fine comune.
                      L’ultima parte dello scritto è rivolta a spiegare i motivi storici e contingenti
                   del legame stretto dal partito con la monarchia sarda, a contestare l’utilità del
                   troppo lungo «martirologio» mazziniano, a riaffermare la certezza del succes-
                   so finale.
                      Professione di fede e testo programmatico, il Credo della Società naziona-
                   le italiana vuole chiaramente porre le premesse di un partito nazionale della
                   borghesia nel quale possano riconoscersi ed al quale possano aderire tutte le
                   forze liberal progressiste e quella parte dell’aristocrazia «che riconoscer vo-
                   glia i nuovi bisogni della civiltà».
                      Il successo che incontrò lo scritto, la sua ampia diffusione e le sue tante
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