Page 42 - Atti 2012 - L'Italia 1945-1955. La Ricostruzione del Paese e le Forze Armate
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             così essere dedicate alla ripresa economica e non al riarmo . Quindi le avances
             italiane per una revisione delle clausole militari del Trattato di Pace caddero nel
             vuoto. scoppiata la guerra di Corea l’Alleanza Atlantica varò un consistente piano
             di riarmo e divenne a tutti gli effetti la NATO (o «il NATO», come si scrisse ini-
             zialmente in Italia); anche l’Italia doveva fare la sua parte.
                Howard Hilton, dell’Office of Western European Affairs del Dipartimento di
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             Stato, elencò cinque possibilità : 1) Accettare il trattato di pace quale esso era,
             mettendo così in pericolo la difesa dell’Europa occidentale; 2) Interpretare con
             larghezza ma nei limiti della legalità il trattato, non garantendo così né la difesa
             dell’Italia, né una piena produzione bellica alla NATO; 3) Ignorare la violazione
             di certe clausole, indebolendo però in tal modo la posizione degli Stati Uniti come
             difensori del diritto; 4) Rivedere il trattato secondo le procedure in esso previste,
             con un iter lungo ed incerto a causa del potere di veto sovietico nel Consiglio di
             sicurezza dell’ONU; 5) Rivedere il trattato in base alla prassi internazionale e
             con la giustificazione degli «sviluppi imprevisti durante i negoziati» per la sua
             stipulazione.
                Fu quest’ultima la soluzione adottata. Nel gennaio 1951, un documento del
             National Security Council americano invitò l’amministrazione ad operare affin-
             ché «le limitazioni del trattato non impedissero all’Italia di far fronte ai comuni
             obblighi difensivi» in sede NATO. In giugno il ministro della Marina statunitense
             Francis Matthews osservò che la Marina Militare italiana eccedeva già di circa
             16.000 tonnellate il limite di 67.500 previsto dall’art. 59 del trattato di pace per le
             navi da combattimento . in base al Military Defence Assistance Program l’italia
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             43  Cfr. M. de Leonardis, Defence or Liberation of Europe. The Strategies of the West against
                a Soviet Attack (1947-1950), in The Atlantic Pact Forty Years Later, cit., pp. 176-206,
                The Strategies of the Brussels Pact and of the Atlantic Alliance (1948-1952). The Difficult
                                                                           th
                Defence of Western Europe, in Military Alliances since 1945, Atti del XXVI  international
                Congress  on  Military  History,  Bruxelles,  2000,  pp.  35-49,  Ultima  ratio  regum.  Forza
                militare e relazioni internazionali, II ed. rivista e accresciuta, Milano, 2013, cap. VI e VII.
             44  Cfr. E. T. Smith, From Disarmament to Rearmament: The United States and the Revision
                of the Italian Peace Treaty of 1947, in Diplomatic History, vol. 13, n. 3, summer 1989, pp.
                369-71.
             45  Tale  tonnellaggio  era  circa  un  decimo  della  flotta  da  battaglia  esistente  all’inizio  della
                seconda guerra mondiale, che contava su 662.000 tonnellate, con altre 270.000 tonnellate
                di naviglio ausiliario, per un totale di 932.000, ridotte alla fine della guerra (durante la
                quale erano state costruite 130.000 tonnellate) a 310.380. In adempimento alle clausole del
                trattato di pace erano state cedute o demolite 104 unità per complessive 181.014 tonnellate,
                riducendo la marina italiana  a 129.000 tonnellate  tra naviglio  di guerra ed ausiliario.
                Sulla flotta dopo il trattato di pace cfr. A. Santoni, Storia e politica navale dell’ultimo
                cinquantennio (dalla cortina di ferro alla guerra del Golfo), Roma, 1995, pp. 6-7.
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