Page 56 - Atti 2012 - L'Italia 1945-1955. La Ricostruzione del Paese e le Forze Armate
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             settentrionale, tutte di antica e solida tradizione massonica.
                Nelle loro diversità essi ebbero in comune alcuni capisaldi: l’ “idea di Ita-
             lia” forgiata nel Risorgimento, nelle guerre per l’indipendenza, l’esperienza della
             Grande Guerra, l’avversione del regime di partito unico, l’apertura a orizzonti di
             collaborazione tra gli stati per la libera coesistenza tra i popoli all’insegna della
             fratellanza universale  e dei principi e enunciati nel preambolo dell’’Organizza-
             zione delle Nazioni Unite (giugno 1945), nella Dichiarazione universale dei diritti
             dell’uomo (10 dicembre 1948) e negli istituti comunitari europei che iniziarono a
             prendere corpo dal 1950-52.  Quei ministri della Difesa, infatti, ebbero in comune
             anche l’europeismo:  l’Europa dei popoli, ben inteso, che alcuni di essi meglio
             conobbero nei lunghi anni dell’esilio (Facchinetti, Pacciardi) o scrutarono dalla
             Svizzera nel 1943-44 (Jacini, Gasparotto).
                L’azione dei ministri della Difesa coniugò dunque la Ricostruzione con l’altra,
             fondamentale impresa  in corso da metà Ottocento: unificare il Paese e farne la
             base dell’Italia delle Istituzioni. Un rilievo a sé ebbe infine Manlio Brosio, liberale
             di orientamento repubblicano, a contatto con militanti del partito d’azione (quali
             Dante Livio Bianco, che si formò nel suo studio, i fratelli Carlo e Alessandro
             Galante Garrone, Giorgio Agosti e altri) poi ambasciatore a Mosca (con a fianco
             Franco Venturi, storico illustre e già esponente del Partito d’azione) e futuro Se-
             gretario Generale della NATO: emblema della sempre Nuova italia.
                La “galleria” dei Ministri della Guerra/Difesa del dodicennio  1943-1954 non
             sarebbe completa senza un’ultima constatazione. Tutti in vario modo avevano pre-
             so parte alla Grande Guerra e alla vita politica dell’italia. Alcuni erano stati al go-
             verno o in posizioni eminenti anche dopo l’avvento di mussolini alla presidenza
             del Consiglio. A conferma che il “ventennio”  ebbe una genesi molto complessa,
             un iter discontinuo e durò molto meno di quanto solitamente si dica. Due di quei
             ministri pagarono però un tributo particolarmente doloroso nella guerra di libera-
             zione dell’Italia dall’occupazione germanica. Alfonso Casati, unico figlio di Ales-
             sandro   e di Leopolda Incisa della Rocchetta, morì in combattimento il 6 agosto
             1944 presso Jesi mentre con il suo plotone proteggeva la ritirata di un reparto di
             polacchi e di italiani. Aveva 26 anni.  il 22 giugno 1944 i nazisti assassinarono il
             quarantaduenne Poldo Gasparotto, ripetutamente torturato e detenuto nel campo
             di prigionia (e poi smistamento) di Fossoli. Comandante delle formazioni di “Giu-
             stizia e Libertà” della Lombardia, era figlio di Luigi e di Maria Biglia.
                 Anche per questi motivi quei ministri meritano memoria: nell’insieme la loro
             sequenza fu una cometa luminosa. Di quelle che indicano una meta e durano nel
             tempo.

             Note
             (1) Ne ricordiamo i presidenti, dai cui nomi  i governi vengono convenzionalmente ricordati, e,
                tra parentesi, i partiti che li formarono o concordarono di sostenerli dall’esterno (PLI, Par-
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