Page 190 - Le Operazioni Interforze e Multinazionali nella Storia Militare - ACTA Tomo I
P. 190
190 XXXIX Congresso della CommIssIone InternazIonale dI storIa mIlItare • CIHm
re francesi di Napoli. Oltre a costituire, con le Isole Pontine, un punto d’appoggio per la
squadra inglese e per le navi alleate siciliane di Ferdinando IV di Borbone, l’isola, per la
sua posizione, rendeva difficile la navigazione nel golfo e facilitava lo sbarco a Napoli e
nei dintorni di spie, attentatori, materiale di propaganda e merci di contrabbando.
Da parte napoletana si cercava di rendere difficili tali attività attraverso una rete di
“intelligence” che si avvaleva di contrabbandieri locali e di elementi corsi ( corso era an-
che Saliceti, Ministro di Polizia a Napoli) dato che il nerbo della guarnigione dell’isola
era dato dai “Royal Corsican Rangers”, unità formata da isolani esuli perché appartenen-
ti a famiglie anti-bonapartiste e filo-paoliste. Che alcuni degli agenti facessero il doppio
gioco è un dato di fatto.
L’isola di Capri – all’epoca in cui trattiamo non ancora assurta alla celebrità- chiude
a sud il golfo di Napoli, distando 4 chilometri dalla punta della Campanella, estrema
propaggine della penisola sorrentina, e circa 30 dalla città partenopea. Misura circa 6,50
chilometri per 3 e, tranne brevi tratti, ha coste scoscese, quasi ovunque a picco sul mare.
E’ divisa in due parti ben distinte: ad ovest c’è un altopiano a circa 300 metri d’altezza
su cui sorge il villaggio di Anacapri e che culmina poi con i 580 metri del monte Solaro,
mentre l’altra parte, quella orientale, è formata da un altopiano meno alto, su cui si trova
Capri, che si spinge verso il continente culminando con i resti della villa di Tiberio, o
Villa Jovis. Il collegamento tra le due parti – e i due paesi- dell’isola, che contava allora
circa 4.000 abitanti, era dato dalla cosiddetta “scala fenicia”, una scalinata con oltre 500
gradini, costruita, nonostante il nome, dai primi coloni greci e restaurata dai romani. Le
due spiaggie di Marina Grande e Marina Piccola erano in pratica i soli punti di approdo
ma, specie con il tempo cattivo, non si prestavano all’ancoraggio delle navi maggiori.
Un tentativo di sbarco era stato abbozzato da re Giuseppe nel febbraio del 1807, ma le
avverse condizioni del mare lo avevano impedito. D’altra parte per sbarcare occorreva che
tempo e vento fossero favorevoli e che, al contempo, fossero di ostacolo alle navi nemiche
presenti nelle acque dell’isola, visto che la marina napoletana era numericamente inferio-
re, disponendo solo di una fregata e di una corvetta, oltre ad certo numero di cannoniere,
troppo poco per affrontare le navi nemiche normalmente presenti intorno a Capri.
Appena due giorni dopo il suo arrivo, l’8 settembre 1808, Gioacchino Murat già
scrive a Napoleone “Non dispero di poter presto annunciare a Vostra Maestà la ripresa
di Capri”. Dispone poco dopo una ricognizione delle coste dell’isola, in vista di uno
sbarco, ed è un ufficiale del genio napoletano, Pietro Colletta,il futuro storico, che se ne
incarica, servendosi, in borghese, di una barca di pescatori. Anche se, a distanza e dal
basso, Colletta non riesce a scorgere alcune delle opere di difesa approntate dal nemico,
il giovane ufficiale può comunque identificare alcuni punti in cui ritiene possibile sbar-
care, in pratica spiaggette alla base di fenditure nelle falesie delle coste.
Un piano, che prevede sbarchi in più punti dell’isola, viene rapidamente approntato
e in seguito, a vittoria ottenuta, sarà opportunamente modificato nei resoconti e nelle
memorie dei protagonisti dell’impresa, tesi a contendersene il merito.
Facendo trapelare la voce che si intende occupare Ponza si riesce ad indurre il co-
mando inglese a spostarvi la sua attenzione, lasciando Capri senza protezione sul mare,
anche perché la stagione rende difficile la permanenza delle navi intorno all’isola.