Page 193 - Le Operazioni Interforze e Multinazionali nella Storia Militare - ACTA Tomo I
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La situazione di stallo si prolunga fino al calar della sera, facilitata anche dalla scar-
sità di munizioni dei maltesi, rimaste ad Anacapri, mentre ormai sono ormai 900 gli
uomini a terra con il Generale Lamarque. Fattosi buio la luna illumina le posizioni dei
maltesi mentre quelle dei franco-napoletani, più in basso, restano all’oscuro. E’ il mo-
mento che Lamarque sceglie per attaccare sui fianchi con due colonne che avanzano in
assoluto silenzio. Scarica generale a mezzo tiro di fucile ed assalto alla baionetta. La
lotta nel buio è, per qualche tempo, accanita, poi, però i maltesi si sbandano, anche per la
morte del loro comandante, ucciso da un volteggiatore napoletano dopo aver rifiutato di
arrendersi, e ripiegano in disordine verso Anacapri, lasciando molti prigionieri in mano
al nemico. Altri 350, con 60 donne e bambini (cui era stato concesso di seguire a Capri
i loro familiari) si rinchiudono nel forte di Santa Maria del Castello, ma la mattina dopo
si arrendono con l’onore delle armi.
I prigionieri, donne e bambini inclusi, sono evacuati insieme ai feriti a Napoli, prima
testimonianza del successo dell’impresa.
Dal disastro di Anacapri scampano Church e le sue tre compagnie di corsi, che appro-
fittando della notte, del color verde scuro delle loro uniformi e del potersela sbrogliare
in francese ed in italiano, abbandonato il fortino di Capodimonte, riescono a filtrare tra
i nemici che si irradiano sull’altopiano e, grazie ad una guida locale, possono scendere
per sentieri da capre- perdendo un uomo precipitato in basso- fino a raggiungere Capri.
Né maltesi né corsi, però, hanno pensato di presidiare l’imbocco superiore della
“scala fenicia” cosicchè, occupato l’intero altopiano di Anacapri, la mattina del 5 tre
compagnie di volteggiatori discendono la scala e scoprono, increduli, che la via di Ca-
pri è aperta: Hudsn Lowe, infatti, senza tentare alcuna difesa all’esterno, si è rinchiuso
all’interno del paese, che nei giorni precedenti ha fortificato, rafforzandolo, cosicchè i
franco-napoletani si attestano al suo esterno.
All’alba del 7 una spedizione di soccorso, partita da Napoli, sbarca a un’estremità di
Marina Grande, fuori dalla portata degli inglesi, 400 uomini del 10° Reggimento di Li-
nea francese, l’attrezzatura necessaria per i lavori d’assedio e quattro mortai, due pezzi
da 12 e quattro da 24 che si aggiungono ai pezzi sbarcati dalle navi ed a quelli nemici
catturati. Tutti pezzi che, con sforzi immani ed a sola forza di braccia, cordate, che arri-
vano a contare fino a 200 uomini e più, issano sull’altopiano, sia per battere Capri che
per difendere le coste dal previsto arrivo delle navi anglo-borboniche.
Sopraggiungono infatti da Ponza le cannoniere siciliane e poi due fregate britanniche
che obbligano l’8 la flottiglia franco-napoletana a rientrare alla base, lasciando così La-
marque assediatore di Capri ma, a sua volta, isolato dalla terra ferma con cui comunica
a mezzo di segnali.
Hudson Lowe, però, non può godere a lungo della presenza delle navi, che oltre tutto
non hanno a bordo rinforzi e si limitano a sbarcare nella zona di Tragara, sotto controllo
inglese, due ufficiali e 57 “royal marines” oltre ad un guardiamarina e 10 marinai. Infatti
il tempo cambia obbligando le navi inglesi, ma non le cannoniere siciliane, a prendere
il largo.
Mentre sull’isola la situazione di stallo si prolunga senza che le navi inglesi possano
intervenire direttamente, Murat, più che mai impaziente, il giorno 12 lascia Napoli per