Page 129 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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             Roma da Vienna. Una cessione parziale delle province italiane soggette all’Au-
             stria –perlomeno questa era la speranza tedesca- avrebbe provocato, in quella fase,
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             “un appoggio, forse anche militare dell’Italia” ai suoi alleati . Secondo Berlino,
             all’interno della Triplice, in quei giorni era “grandemente cresciuto” il ruolo di
             Roma. Questa - se soddisfatta nelle sue aspirazioni - avrebbe potuto esercitare una
             funzione di appoggio alla azione delle potenze centrali e dissuasiva nei confronti
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             delle velleità russe di intervenire in favore della Serbia” . La diplomazia austriaca
             guardava con una certa diffidenza la tendenza dell’alleato a intromettersi nelle
             sue questioni di confine, fino quasi a divenire l’ “avvocato”  del governo italiano.
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             Berlino, però, era cosciente che la mancata cessione del Trentino avrebbe reso
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             impossibile il “mettere, col tempo, l’Italia contro l’Intesa” .
                 San Giuliano, per quanto poté, cercò di fare leva su questi sentimenti. Non a
             caso, alla vigilia dell’ultimatum austriaco, non vedeva altra possibilità di successo
             del negoziato se non nell’iniziativa tedesca. Questa soltanto avrebbe potuto con-
             seguire il risultato di una “cessione di una parte delle provincie italiane dell’Au-
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             stria” a fronte di un ingrandimento di Vienna “altrove” . Tutta la politica italiana
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             avrebbe dovuto essere indirizzata verso questo obiettivo . Anche all’indomani
             del passo austriaco contro Belgrado, il 23 luglio, San Giuliano non distolse la sua
             attenzione verso Berlino. Le aperture verso le aspirazioni italiane erano, a suo
             parere, un unicum “dacché esisteva il Regno d’Italia”: “Per la prima volta (…) un
             ministro degli esteri tedesco dice[va] che [era] il momento favorevole per avere
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             il Trentino” .
                Nei giorni che seguirono questa prospettiva perse di consistenza. Il negoziato
             fallì per le resistenze del governo austriaco. La sua posizione fu interpretata a
             Palazzo Braschi come un “cavillo”. Salandra, infatti, notava che Vienna si era
             arroccata su un’interpretazione dell’art. VII come relativa unicamente ai territori
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             dell’Impero ottomano e non alla Serbia . Questo doveva apparire come una beffa
             al governo di Roma poiché, come è noto, Istanbul non aveva più possedimenti sul
             continente europeo se non in un’area marginale e lontana dagli interessi italiani e
             austriaci.
                 L’unico risultato di una qualche evidenza fu un generico impegno, preso da
             Vienna alla vigilia dell’attacco alla Serbia, a “entrare in discussioni sulla questio-



             31  Pastorelli, Le relazioni con l’Italia…, cit., p.16.
             32  Monticone, op. cit., p.17.
             33  Ivi, p.16.
             34  L. Valiani, La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, Il Saggiatore, Milano 1985, p.93.
             35  San Giuliano a Bollati e Avarna, 27 luglio 1914, DDI, s. IV, vol. XII, d.575.
             36  San Giuliano a Bollati, 14 luglio 1914, cit.
             37  San Giuliano a Salandra, 26 luglio 1914, ivi, d.560.
             38  A. Salandra, La neutralità italiana [1914]. Ricordi e pensieri, Mondadori, Milano 1928, p.99.
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