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III SeSSIone - l’ItalIa economIca 167
quella che quattro decenni prima aveva spinto Quintino Sella a introdurre anche in
Italia, con una legge del 1875, il risparmio postale. Rivolgendosi ai ceti popolari,
e quindi senza nulla sottrarre alla raccolta bancaria, i libretti di risparmio postali
avevano creato una provvista, che la Cassa Depositi e Prestiti aveva poi investito
nella realizzazione di importanti infrastrutture.
Sulla scorta dei dati di mercato e delle esperienze fatte in alcuni paesi esteri, in
particolare nella Germania bismarckiana, Nitti era convinto che si potesse creare
un mercato di “assicurazioni popolari” garantito dallo Stato, in grado di racco-
gliere il risparmio che i ceti meno abbienti avevano fino ad allora affidato a varie
forme associative con finalità previdenziali e assistenziali. Tale operazione avreb-
be potuto inoltre risolvere anche casi come quello della Cassa pensioni torinese,
che tanto preoccupava Giolitti e che probabilmente era stato uno degli argomenti
utilizzati da Nitti per indurlo a inserire il suo progetto nel programma di governo,
e in seguito a sostenerne con una forte volontà politica la realizzazione. L’uomo
politico lucano, però, voleva anche portare sotto il controllo italiano un mercato
oligopolistico dominato da poche grandi società estere, in particolare austriache.
Non è difficile leggere, dietro questa motivazione, l’adesione di Nitti al fronte di
coloro che volevano ridurre la dipendenza dai capitali esteri. Per raggiungere que-
sti obiettivi proponeva l’introduzione graduale del monopolio statale attraverso di
un Istituto Nazionale delle Assicurazioni, al quale le compagnie già operanti sul
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mercato avrebbero dovuto cedere le proprie quote .
Sul mercato assicurativo italiano operavano allora 59 compagnie, 27 delle qua-
li estere: queste ultime controllavano i tre quinti dei capitali assicurati, e i due terzi
dei premi incassati. Le due maggiori società assicurative erano le austroungariche
Assicurazioni Generali e Riunione Adriatica di Sicurtà (RAS), che da sole rappre-
sentavano poco meno dei tre quarti della quota di mercato delle compagnie stra-
niere. Nei due mesi trascorsi fra il discorso programmatico di Giolitti e la presen-
11 A differenza di quanto è avvenuto per il comparto bancario, la storiografia sul comparto assi-
curativo e in particolare sull’Istituto Nazionale delle Assicurazioni continua a non essere molto
sviluppata. La bibliografia comprende tanto opere d’occasione promosse dall’INA, quanto lavo-
ri storiografici di taglio scientifico. Fra i primi si collocano: INA – Venti anni. 1913-1933, Istituto
Nazionale delle Assicurazioni, Roma 1933; il catalogo Le origini dell’Istituto Nazionale delle
Assicurazioni. Mostra grafica e documentaria allestita nella sede dell’Ina nel cinquantenario
della legge 4 aprile 1912, Istituto Nazionale delle Assicurazioni, Roma 1962; i settantacinque
anni dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, Istituto Nazionale delle Assicurazioni, Roma
1987; INA-Assitalia: 100 anni insieme a voi, a cura di C.A. Pratesi, Electa, Milano 2012. Fra i
secondi si segnalano: A. Scialoja, L’Istituto Nazionale delle Assicurazioni ed il progetto giolit-
tiano di monopolio di Stato delle assicurazioni sulla vita, in “Quaderni Storici”, n. 18, 1971, pp.
971-1027; A. Longo, Il contributo di Alberto Beneduce alla gestione e all’organizzazione dell’I-
NA, in Alberto Beneduce e i problemi dell’economia italiana del suo tempo. Atti della giornata
di studio per la celebrazione del cinquantesimo anniversario dell’istituzione dell’IRI (Caserta,
11 novembre 1983), Edindustria, Roma 1985, pp. 7-18.

