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e concentrasse “una parte notevole del capitale investito in alcuni istituti bancari
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già esistenti” . Riprese pertanto quota il progetto, che circolava da qualche tempo,
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per una fusione tra la SBI, la Società di Credito Provinciale e il Banco di Roma .
Se questo progetto si fosse realizzato avrebbe dato vita al più grande istituto di
credito dell’epoca, e la concentrazione bancaria che ne sarebbe risultata attirava
le critiche di molti osservatori economici. Comunque, per ragioni non chiare, la
combinazione col Banco di Roma non si realizzò, e il progetto del nuovo istituto
vide come comprimarie le altre due banche. Alle esigenze generali del mondo in-
dustriale, si aggiungevano altre motivazioni: innanzitutto la possibilità, fino a quel
momento solo sperata, di rovesciare il “rapporto di sudditanza” verso le banche,
che certamente interessava ad esempio al gruppo di comando dell’Ansaldo, cioè
i fratelli Perrone; e poi l’opportunità – per altri personaggi non meno importan-
ti – di affrancarsi dalla “tutela” della Banca Commerciale, cioè in ultima analisi
dei capitali tedeschi. A questo si aggiungeva l’azione della finanza francese, già
presente in Italia, che dopo lo scoppio della guerra cercava di mettere in forse la
preminenza della Banca Commerciale e l’influenza che questa esercitava sulle
scelte italiane. Una preminenza che lo sbarco in forze delle banche francesi nella
SBI e nella Società di Credito Provinciale non era in realtà riuscito a mettere in
discussione.
Per Antonio Salandra, poi, che nel marzo 1914 era subentrato a Giolitti nella
guida del governo, e che in novembre aveva dato vita a una nuova compagine,
maggiormente caratterizzata in senso interventista, era necessario procurarsi un
appoggio finanziario che si contrapponesse alla Banca Commerciale, neutralista
e quindi “giolittiana”: il che lo spingeva a guardare con favore a un progetto che
si caratterizzava come fortemente nazionalista e in cui era presente l’influenza
francese. La realizzazione del progetto da parte di un insieme di interessi a cui
il conflitto mondiale avrebbe fornito obiettivi comuni suonava infatti come una
dichiarazione di guerra anche al maggiore istituto italiano di credito ordinario, e
alle sue alleanze politiche. Il maggior “patrono” politico del progetto era comun-
que Nitti, e il capofila bancario dell’operazione era Pogliani, l’uomo-guida della
Società di Credito Provinciale. Le prime tracce di una corrispondenza diretta tra
i due risalgono all’aprile 1914, e Pogliani tenne sempre informato Nitti degli svi-
luppi delle trattative che andava conducendo, ma è soprattutto negli ultimi mesi
del 1914 che Nitti lavorò attivamente nell’attuazione del progetto.
Egli si incaricò direttamente della stesura dello Statuto della nuova banca, e
“si impegnò in prima persona nella raccolta dei capitali necessari, rivolgendosi in
particolare agli ambienti industriali e commerciali del Mezzogiorno e si incaricò,
tra l’altro, di convincere Guglielmo Marconi ad accettare la carica di presidente
14 A.M. Falchero, La Banca Italiana di Sconto, cit., p. 31.
15 Sulla nascita della Banca Italiana di Sconto, ivi, pp. 31-50

