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178 la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
produttiva: la coltivazione cerealicola estensiva. Vino, olio e frutta, che avrebbero
potuto essere fin da allora eccellenti prodotti da esportazione, erano penalizza-
ti dalla mancanza di un’industria enologica e chimica all’altezza, di fertilizzanti
chimici che integrassero quelli animali, e dalle maldestre manovre doganali dei
governi.
Una industria vera e propria, nonostante fantasiose ricostruzioni del mezzo-
giorno borbonico siano oggi di gran voga, non esistette in Italia fino all’ultimo
decennio del XIX secolo.
L’unica consistente attività manifatturiera ereditata dagli stati preunitari,
concentrata soprattutto nel Piemonte orientale e in Lombardia, era quella delle
macchine utensili e, soprattutto, dei tessuti grezzi, dei quali l’Italia era la prima
esportatrice in Europa . Essa tuttavia era fortemente penalizzata nel suo sviluppo
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tanto dai prezzi bassi, causati dalla concorrenza del cotone indiano ed egiziano
importato dalla Gran Bretagna, che dalla mancanza di risorse energetiche in grado
di svincolare le filande dalla dipendenza dai corsi d’acqua. Questo stesso fattore,
il dipendere cioè solo dalla forza idraulica per il funzionamento dei macchinari,
limitava allo stesso modo anche la nascita di qualunque altra attività industriale in
Italia, in un epoca nella quale l’orizzonte delle grandi città inglesi e francesi era
già punteggiato di ciminiere.
Benché indubbiamente fra i meno fortunati d’Europa, il suolo italiano non è
del tutto privo di risorse. Zolfo e bauxite si trovano in una certa quantità, e minie-
re di minerale ferroso, mediocre ma non pessimo, non mancavano all’epoca in
Sicilia e soprattutto in Maremma e all’isola d’Elba. Disgraziatamente mancava
l’elemento fondamentale dello sviluppo industriale: il carbone, senza il quale il
ferro non può essere lavorato.
La siderurgia italiana, che fino al Settecento non era stata da meno di quella
europea, era costretta a ricorrere, in mancanza di alternative, al carbone di legna,
ovvero ottenuto attraverso la costosa combustione del legname, cosa che produs-
se, oltre al dissennato disboscamento delle foreste appenniniche, una siderurgia
quasi artigianale legata geograficamente ai luoghi dove maggiore era la dispo-
nibilità di boschi piuttosto che alle grandi città dove essa avrebbe avuto modo
di svilupparsi. Le officine, diffuse nel Bresciano, in Val d’Aosta, in Calabria e
nell’Appennino tosco-umbro, utilizzavano ancora alla metà del XIX secolo l’anti-
quato metodo “catalano” per la lavorazione del metallo, che si differenziava poco
da quello adottato nel Medioevo .
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L’irruzione del carbone fossile sulla scena (o carbone cookizzato) mise brusca-
4 M. Romani, Storia economica d’Italia nel secolo XIX. 1815-1882. Bologna, Il Mulino, 1982, pp.
369-372.
5 R. Luraghi, Problemi economici dell’Italia unita (1860-1918), in: AA. VV., Nuove questioni di
storia del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, p. 396.

