Page 306 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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306 la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
co. Forzando la lettura degli eventi, si spiegava che l’abbandono della capitale
belga fosse stata una scelta necessaria per evitare la distruzione della città e, allo
stesso tempo, una manovra strategica per permettere di ricompattare l’esercito e
sferrare la controffensiva. L’Inghilterra procedeva a un prestito di 250 milioni di
sterline in favore del governo belga al fine di consentire l’acquisto di un migliore
equipaggiamento e tenere impegnate quanto più a lungo le truppe tedesche sul
fronte occidentale permettendo ai russi di iniziare i primi grandi combattimenti
a est. Nonostante gli sforzi della stampa, la fulminea caduta di Namur destò sgo-
mento e stupore presso l’opinione pubblica che riteneva la piazzaforte migliore
rispetto a Liegi e più resistente a un lungo assedio. La caduta della città e la ritirata
alleata dalla linea della Sambre preoccupavano perché si deduceva che la scon-
fitta fosse più grave di quanto raccontato dai giornali, notoriamente istruiti dal
ministero della Guerra. L’annuncio del ritiro francese da Lunéville, in Lorena, e
della distruzione di Lovanio diedero adito a maggiore inquietudine. I quotidiani,
fino ad allora dai toni pacati, si abbandonarono al risentimento contro i tedeschi
giudicati “inumani” per il modo di condurre con crudeltà la guerra. Le città occu-
pate – si raccontava – venivano devastate senza remore. Si paragonavano i nemici
agli Unni di Attila, distruttori privi di alcun codice militare. Le accuse divennero
ancora più dure dopo i combattimenti di Charleroi, di Mons e delle Ardenne, vinti
dai tedeschi mentre gli anglo-francesi battevano in ritirata.
Per quanto riguarda l’Italia, le notizie che circolavano con insistenza assicu-
ravano l’allontanamento definitivo di Roma dalla Triplice Alleanza e la difficoltà
del governo a prolungare la neutralità a causa delle manifestazioni popolari inter-
ventiste e soprattutto anti-austriache:
«L’Italia è, in apparenza, tranquilla, ma la costa adriatica è piena di truppe:
la frontiera verso l’Austria è ben guardata: tutto è pronto per la più popolare
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delle guerre dopo quelle della sua indipendenza […]» .
Le opinioni espresse dall’addetto militare erano largamente condivise in tutti
gli ambienti politici e militari. Il concetto, ridondante, era sempre lo stesso ossia
quello di una evidente convenienza italiana a fare la guerra all’Austria-Ungheria
e grandi vantaggi, più morali che materiali, per l’Intesa. Probabilmente si pensava
che Roma dichiarasse guerra a Vienna non appena le truppe russe avessero ridi-
mensionato il potenziale bellico austriaco. La previsione era effettivamente esatta
perché si trattava della stessa argomentazione addotta in quelle settimane da Di
San Giuliano e Salandra contro l’interventismo cadorniano. Nove mesi prima del
Patto di Londra, gli ambienti britannici davano per certo l’accordo dell’Italia con
le potenze dell’Intesa.
La «Pall Mall Gazette» riportava, da fonti fiduciarie, notizie relative alle gravi
15 AUSSME, G-29, Addetti militari, b. 67, fasc. 5.