Page 62 - Le donne nel primo conflitto mondiale - Dalle linee avanzate al fronte interno: La grande guerra delle italiane - Atti 25-26 novembre 2015
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LE DONNE NEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE 62
regime, i pangermanisti, i nobili, gli ufficiali, la grande borghesia commerciale e indu-
striale. La Steno non prendeva posizione, ma prevedeva la futura vittoria di Spartacus.
Di fatto un movimento rivoluzionario attraversava l’Europa e si sviluppava a mac-
chia d’olio. Secondo la Steno, le radici di questi sommovimenti non avevano carattere
politico quanto sociale; la rivoluzione politica non avrebbe avuto alcun senso in un’Eu-
ropa che aveva costruito dei sistemi democratici e che progrediva in questa direzione.
Era invece lo scontento che agitava le masse, la mancanza di lavoro, di assistenza da
parte dello Stato che minacciava di mettere in crisi l’assetto precario delle istituzioni.
Nel settembre 1919, si recava a Berlino che si presentava ai suoi occhi come un cumu-
lo di macerie, un esempio tragico delle conseguenze di una guerra, cui era seguita una
sconfitta ed era soprattutto sui volti lividi delle donne e su quelli affamati dei bambini
che si leggeva la sofferenza per il disagio e per la fame. A quasi un anno dall’armistizio
e dopo tre mesi dalla pace la gente si nutriva con “Ersatz” –surrogati tesserati, l’olio era
introvabile e il burro aveva un costo elevatissimo, come d’altronde il costo della vita in
generale, a causa del deprezzamento del marco che con il cambio di mille lire fruttava
mille ottocento sessanta marchi. Un alimento molto diffuso nelle vetrine era il Tyrsol che
corrispondeva al grasso alimentare. I bagni popolari ad acqua calda e fredda erano chiu-
si per carenza di combustibile, le scuole non avevano ancora riaperto, e l’irreperibilità
di stoffe e di cuoio per i vestiti e le scarpe rendeva preoccupante l’arrivo dell’inverno.
Queste le impressioni più immediate che la giornalista ricavava girovagando per Berli-
no; l’aspetto esteriore dei siti più famosi della città era rimasto intatto perché gli alleati non
avevano portato via niente, ma i simboli imperiali incutevano meno soggezione rispetto
al passato. Le statue “che oggi fanno compassione così inutilmente minacciose e tronfie”
sembravano essersi trasformati in feticci di un periodo storico prussiano ormai sepolto.
L’immutabilità della cornice berlinese era soltanto apparente; infatti la città non
aveva più “quell’aria spaccona, ostentatrice di sfarzo, di potenza che la faceva sembra-
re una città americana permeata di cultura europea”. In particolare, la gente comune
aspettava soltanto di riprendere il corso di una vita da trascorrere nella normalità e
nella tranquillità; trattenendosi a parlare per la strada si comprendeva come il popolo
fosse completamente apatico rispetto alle vicende politiche del paese. Il prosieguo
della guerra sul fronte polacco che continuava a mietere vittime o i dibattiti sulle cause
e le consapevolezze della guerra non interessavano.
Come conoscitrice della cultura tedesca, l’osservazione diretta l’aveva posta di
fronte ad una nuova realtà da cui emergeva il contrasto violento “fra l’idealità di ieri,
forte di un contenuto di fede, del sacrificio per la Patria esaltato con fanatismo e la
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