Page 66 - Le donne nel primo conflitto mondiale - Dalle linee avanzate al fronte interno: La grande guerra delle italiane - Atti 25-26 novembre 2015
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LE DONNE NEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE                                       66


          zadria e colonia alle braccianti impegnate nelle aziende capitalistiche della Valle
          Padana o alle donne alla ricerca di lavoro nelle zone a latifondo del meridione?
             Ferma restando la impossibilità di tracciare un quadro valido per tutto il paese
          però, sulla base degli studi esistenti, alcune osservazioni si possono trarre per capire
          cosa avvenne durante la prima guerra mondiale per la donna italiana impegnata, spes-
          so per la prima volta, in un nuovo tipo di lavoro.
             Cominciamo dalle contadine e dal mondo che le circondava. L’intervento dello
          stato in agricoltura, a differenza di quanto avvenne per il settore industriale, fu quasi
          inesistente, tardivo e privo di organicità, come sottolineano quanti si sono occupati
          dell’economia durante la guerra. La produzione si concentrò infatti sull’industria e
          non solo su quella degli armamenti, ma su tutto ciò che riguardava l’approvvigiona-
          mento dell’esercito e cioè vestiario, scarpe e cibo.
             Per quanto riguardava l’agricoltura, quindi, ci si limitò ad una pesante legislazione
          che prevedeva requisizioni, di bestiame e di attrezzi, in un maggior controllo negli
          scambi con divieti ma tassazioni crescenti, una normativa sul conferimento dei pro-
          dotti agli ammassi e con nessuna attenzione al ciclo produttivo, il che provocò un
          forte calo nel consumo di fertilizzanti e sementi selezionate. Il settore agricolo, d’altro
          canto, con i “fanti contadini”, diede il maggior numero di effettivi per il fronte, ai qua-
          li furono concesse scarse licenze per i lavori agricoli, aumentate solo dopo Caporetto.
             Questo è il quadro generale sul quale si colloca la drammatica solitudine di molte
          donne nelle campagne, con i mariti richiamati e quindi rimaste sole a dover affrontare
          la difficile e nuova situazione.
             Nel suo importante libro degli anni Trenta dedicato ai ceti rurali in guerra, diven-
          tato da allora un classico, Arrigo Serpieri  analizzava sia le condizioni “spirituali”, sia
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          quelle economiche dei ceti rurali e concludeva, sulla base di dati in suo possesso, che
          se il settore agricolo non aveva risentito massicciamente della guerra e aveva mante-
          nuto livelli accettabili di produttività, lo si doveva principalmente al maggior lavoro
          svolto da chi era rimasto a casa e cioè donne, anziani e ragazzi. E qui entrava prepo-
          tentemente in scena il ruolo delle donne perché, se effetti comuni a tutti i rurali, scri-
          veva lo studioso, furono da un lato le preoccupazioni e le ansie per i pericoli cui erano
          esposti i combattenti e i prigionieri di guerra per le rare notizie che se ne avevano,
          d’altra parte, in assenza di uomini era necessaria una “maggior fatica” per provvedere
          alle esigenze della nuova situazione ; fu talmente significativo lo sforzo femminile che
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          3  Serpieri A., La guerra e le classi rurali italiane, Bari, Laterza, e Yale University Presso, New Haven, 1930.
          4   La guerra e le classi rurali, cit. pp. 54 e sg.







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