Page 69 - Le donne nel primo conflitto mondiale - Dalle linee avanzate al fronte interno: La grande guerra delle italiane - Atti 25-26 novembre 2015
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          donne delle campagne, e che lo stesso studioso riconosceva essere stato fondamenta-
          le per l’economia nazionale, evidentemente si univa il timore di un pericoloso cambio
          di stili di vita per la scelta di spese considerate voluttuarie!
             Quanto alle operaie di fabbrica, un numero di donne sempre crescente fu impie-
          gato sia nella produzione di armi e di proiettili, sia nella produzione di armi, sia nelle
          officine di piccola meccanica. Secondo dati ufficiali del ministero Armi e Munizioni,
          la mano d’opera femminile aumentò durante la guerra da 23.000 unità alla fine del
          1915 a 53.000 alla metà del 1916, diventate 89.000 alla fine dell’anno; nel 1917 le ope-
          raie erano salite a 175000 e nell’agosto del 1918 a 198.000 . In realtà le donne occu-
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          pate in fabbrica erano ben più numerose, perché le statistiche citate riportavano solo
          i dati provenienti dagli Stabilimenti militari, dalle fabbriche ausiliarie e non ausiliarie,
          addette però esclusivamente alla produzione di armi e munizioni, ed escludeva tutte
          le altre maestranze impegnate in officine non ausiliarie.
             Un  importante studio dell’economista Vittorio  Franchini,  commissionatogli
          dall’Istituto centrale di statistica alla fine degli anni venti, fornisce maggiori informa-
          zioni sul fenomeno, soprattutto sull’impegno del governo per spingere gli industriali
          alla sostituzione del personale maschile con donne. Sin dall’inizio della guerra, e fino
          all’agosto del 1916, molte circolari ministeriali insistevano con gli industriali per l’uso
          di manodopera femminile negli stabilimenti ausiliari, ma senza obbligo; il passaggio
          successivo avvenne quando fu prescritta “ufficialmente” la sostituzione graduale di
          uomini con donne per la meccanica leggera (spolette, detonatori e proiettili di piccolo
          calibro) e quando, nel marzo del 1917, un’altra circolare allargava i tipi di lavorazio-
          ne che “obbligatoriamente” avrebbero dovuto essere svolti da personale femminile.
          Secondo Franchini, alla fine del 1917, in qualche spolettificio, si raggiunse il 95% di
          donne impiegate, percentuale vicina al 90% per la lavorazione delle granate.
             Ufficialmente il Ministero non tralasciava di sottolineare l’importanza dell’osser-
          vanza delle norme sulla protezione del lavoro femminile e minorile, presenti in Italia
          sin dai primi anni del secolo ma sospese durante la guerra. Nell’estate del 1916, ad
          esempio, una circolare raccomandava alle imprese che «oltre che dal fattore economi-
          co, l’affluenza delle donne negli stabilimenti sarà tanto più facilitata quanto maggiori



          10  Franchini V., Il contributo delle maestranze femminili all’opera di allestimento di materiali bellici (1915-1918),
             Milano, s.e, 1928. Il lavoro era stato commissionato a Franchini dall’Istat per conoscere quale fosse
             stato il numero e lo stato sociale delle donne che avevano sostituito gli uomini nella produzione
             di guerra. In realtà lo stesso Franchini si lamentava dei dati incompleti perché delle donne non si
             sapeva né l’età, né il luogo di nascita, né lo stato sociale, né infine se già operaie.







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