Page 58 - Le donne nel primo conflitto mondiale - Dalle linee avanzate al fronte interno: La grande guerra delle italiane - Atti 25-26 novembre 2015
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LE DONNE NEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE                                       58


          non possiamo difenderci dal pensare che codesta individualità è per conto proprio
          non l’oppressore ma l’oppresso, non l’invasore, ma un vinto, lo schiavo strumento
          cieco d’occhiuta rapina” .
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             Di fatto le contraddizioni emerse durante l’esperienza itinerante di Flavia Steno
          attraverso le diverse tappe delle unità sanitarie, faccia a faccia, gradualmente, con
          sofferenze indicibili, venivano represse dal suo patriottismo fortemente sentito. Nel
          novembre 1916 veniva accordato a Flavia Steno il permesso di visitare le sezioni di
          sanità d’alta montagna come ospite dei Gruppi alpini. L’impatto con la vita dei settori
          di montagna fu molto violento poiché che le immagini e le notizie ricostruite della
          guerra e trasmesse al pubblico erano inadeguate rispetto alla realtà, soprattutto fa-
          cendo riferimento a quelle diffuse dalla cinematografia della guerra di montagna. La
          giornalista ammetteva sin dal suo arrivo di essersi “avveduta qui che nulla sapevamo”.
          Il vero protagonista di questa vicenda bellica era l’alpino, in simbiosi con l’ambiente
          in cui egli si muoveva con prudenza. La scrittrice lo definisce “un soldato granitico,
          tagliato nella stessa pietra di quelle montagne dove opera, grave, silenzioso, chiuso”,
          dotato di pazienza, che affronta i suoi compiti con semplicità. Dopo giorni di convi-
          venza nella loro compagnia risultava evidente il loro modo di rapportarsi agli altri e
          alla natura, spoglio di convenzionalismi e formalismi. Anche i rapporti gerarchici da
          superiore a inferiore erano più ravvicinati, e meno paternalistici, rispetto ad altri corpi
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          d’armata, nonostante l’esternazione di affettuosità rimanesse molto contenuta .
             Il loro esercizio quotidiano era l’assalto, l’avanzata, la conquista di nuovi spazi da
          occupare. I disagi provocati dalle difficoltà naturali, una tormenta, il gelo, il ghiaccio,
          la neve, spesso procuravano più sofferenze della preparazione alla battaglia. Tra un’at-
          tesa e l’altra questi uomini di montagna si rincuoravano con un bicchiere di vino, che
          non veniva considerato un bene superfluo, ma al contrario gli serviva per rallegrare e
          alleviare l’asprezza della loro condizione.
             Il villaggio dell’alto Isonzo dove la Steno risiedeva era addetto al rifornimento del-
          le varie postazioni. Si producevano tremila razioni di pane al giorno, si sacrificavano
          nel mattatoio venticinque buoi al giorno e nei suoi magazzini erano conservati beni di
          prima necessità come farina, caffè, zucchero, cibo in scatola e materiale bellico come
          filo spinato, bombarde, sacchi per le trincee, cemento, elmetti.
             Lo stesso villaggio era un mondo a parte, tagliato fuori dalla civiltà, collegato ad
          essa soltanto da una mulattiera. Al momento della sua visita era stato dotato di una

          31  Steno F., Come Genova assiste i nemici feriti, “Il Secolo XIX”, 1 settembre 1915, p. I.
          32  Steno F., Un’esaltazione dell’Alpino, “Il Secolo XIX”, 7 novembre 1916.







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