Page 55 - Le donne nel primo conflitto mondiale - Dalle linee avanzate al fronte interno: La grande guerra delle italiane - Atti 25-26 novembre 2015
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          te da uomini appena rientrati “dal fronte autentico, non semplicemente dalla zona di
          guerra, dall’estrema linea conquistata dal valore dei nostri soldati, dalle terre precluse
          a chiunque vesta abito borghese”.
             Una testimonianza della drammaticità della condizione limite imposta dalla guer-
          ra era contenuta in un articolo di Flavia Steno proveniente da una città bivacco, dal
          nome sconosciuto. I suoi abitanti si erano riversati nelle città a valle lasciando le loro
          abitazioni ai nuovi occupanti; le strade erano attraversate incessantemente da camion;
          le piazze sembravano ospitare delle vere e proprie “fiere permanenti dove non un
          oggetto è posto che non abbia una più o meno recondita affinità con tutte le pos-
          sibili necessità della vita militare”: maglioni di vari tessuti, orologi, rasoi, temperini,
          cinghie di cuoio, pipe di radica, saponette e soprattutto cartoline che detengono il
          primo posto tra gli articoli esposti. In piazza, banchi vendevano immagini patriotti-
          che, femminili, che ritraevano visi sorridenti, pensosi o sentimentali, e artistiche con
          paesaggi alpini. Le persone che brulicavano nelle strade erano soldati di tutte le età:
          dai “bimbetti imberbi cogli occhi ancora pieni dello stupore dell’adolescenza”, agli
          uomini attempati, audaci e robusti, coscienti del fatto che domani avrebbero potuto
          essere destinati nuovamente o per la prima volta alla trincea.
             Il movimento febbrile imperava per le strade caotiche, dal via vai di cavalli, bici-
          clette e soprattutto camion addetti al trasporto di approvvigionamenti di ogni tipo
          dalle munizioni ai viveri, al materiale per le opere di difesa. Era la presenza dei soldati
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          “il segno tangibile della guerra”  nella città bivacco, assieme al volo degli aerei che ar-
          rivavano ogni mattina verso le otto, regolarmente annunciati da un colpo di cannone
          e dal suono della campana. Questo avvertimento non spaventava la gente che invece
          di restare in casa, si riversava in strada, curiosa, e seguiva la traiettoria dei proiettili
          lanciati molti metri più in alto, a circa 4000 metri, e commentava in dialetto la risposta
          della batteria aerea italiana. Dal basso si poteva incrociare con lo sguardo soltanto una
          nuvola che si formava, a detta del conteggio della giornalista, dopo 38 secondi.
             Seduta a tavola con i commilitoni la giornalista si rendeva conto che chiunque de-
          siderasse trascrivere la “storia aneddotica della nostra guerra non avrebbe qui che da
          ascoltare”. È attraverso il racconto di un fantaccino tornato in prima linea ben cinque
          volte, per una durata complessiva di novantasei giorni, che veniva tramandato l’acca-
          duto della scoperta della trincea austriaca del San Michele, dove erano stati rinvenuti
          anche dei cadaveri di donne; nell’ascoltare la notizia, accolta con ribrezzo, la Steno



          26  Steno F., Nell’orbita della guerra, “Il Secolo XIX”, Genova 17 ottobre 1915. p. l.







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