Page 51 - Le donne nel primo conflitto mondiale - Dalle linee avanzate al fronte interno: La grande guerra delle italiane - Atti 25-26 novembre 2015
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          aveva già significato un pretendere e non un subire, chiedere per i lutti coreografi-
          camente mostrati all’opinione pubblica, con lunghi cortei, significava non solo una
          lezione di patriottismo e coraggio tale da non sfigurare rispetto al sacrificio dei loro
          cari, ma anche saper dare una misura al dolore. Il lutto per la patria non era più
          privatizzato fra donne in gramaglie, ma socializzato, anzi politicizzato e vissuto tra
          donne che talvolta lo legavano a richieste nuove come il sostegno finanziario per lo
          status di vedove e madri indigenti, o ad altre di tipo emancipazionista, o quanto meno
          protestatario. Ad esempio Matelda Pagni, vedova del tenente di vascello Pietro Pagni,
          autrice fra le tante di richieste scritte inviate al capo del governo, al Re, alla Regina, ai
          ministeri competenti; lamentava le tante dimenticanze nei confronti delle vedove, dal
          trattamento pensionistico alle opportunità lavorative nel dopoguerra, politicamente
          attento al reimpiego degli smobilitati, ma sensibile anche alle voci che si levavano nel-
          le manifestazioni per reclamare il lavoro, in cui si chiedeva che le donne tornassero a
          casa per lasciare di nuovo il posto agli uomini. Il suo nome ricomparve collegato negli
          anni trenta alla Fisedd (Federazione Italiana per i diritti civili e politici delle donne), versione
          ammodernata del veterano Comitato nazionale pro-suffragio, che dalla sua nascita nel
          1910 aveva dato luogo ad almeno due sconfitte. Nel ‘30, la Fisedd che si era mobilitata
          per la supposta eleggibilità delle donne al Consiglio Nazionale delle Corporazioni, rinnovò
          le cariche al proprio interno e Matelda Pagni, dimissionaria, fu sostituita da Valeria
          Benetti Brunelli .
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             Per tutto il variegato mondo dell’associazionismo collegato alla celebrazione dei
          lutti, “l’organizzazione del cordoglio rimane degli scopi principali dell’associazione,
          dove il riassorbimento del trauma e del lutto viene demandato alla sfera simbolica e il
          sacrificio può diventare un ritorno alla Madre, alla Patria...La vedovanza di guerra e la
          raffigurazione della sua sofferenza infatti, ben si adatta a quella immagine tradizionale
          che presentava la donna passiva e incompleta e cittadina davvero solo se unita ad un
          uomo. Al contempo però pur non uscendo dallo stesso orizzonte simbolico, il pro-
          tagonismo delle vedove entro le associazioni combattentistiche e le rivendicazioni delle
          associate di fatto presupponevano nuove identità: la pensione rivendicata come risarci-
          mento del debito che lo Stato ha contratto, interrompendo il legame matrimoniale” .
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             Ancora  diverso il  caso  della simbolizzazione  individuale  di un  lutto,  collegato
          sempre alla guerra, fortemente pubblicizzato, ma perfettamente consentaneo fra la


          19  Taricone F, Come le donne arrivarono al voto, “Mondo Operaio” marzo 1991.
                      .
          20   Lagorio F., Appunti per una storia sulle vedove di guerra italiane, «Storia Contemporanea», fasc. 1-2, gen-
             naio-luglio 1994-95, p. 189.







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