Page 48 - Le donne nel primo conflitto mondiale - Dalle linee avanzate al fronte interno: La grande guerra delle italiane - Atti 25-26 novembre 2015
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LE DONNE NEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE                                       48


             Pochi mesi dopo, Maria Perotti Bornaghi distingueva invece tra guerra di con-
          quista ed espansione coloniale, quale fu quella Libia avversata dai socialisti, e altre
          cui non si poteva negare una solidarietà almeno ideale, come quella che opponeva
          il Belgio e la Francia alla Germania. Chi poteva negare a questi due paesi “il diritto
          supremo dovere della vita. Due erano in definitiva i sentimenti contrapposti: l’av-
          versione irriducibile per la guerra di aggressione, simpatia e solidarietà per il popolo
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          che si difende” .
             Abigaille Zanetta, pacifista irriducibile, rimproverava invece ai socialisti di aver
          confuso la rivoluzione con la guerra e che ad essi nessuno aveva mai insegnato il “so-
          cialismo di razza o il socialismo patriottico... sovversivi, questa guerra non può essere
          nostra...noi siamo del socialismo che deve vivere per fare un’altra storia” .
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             All’interventismo caratterizzato, più che dalle riflessioni teoriche, dall’attivismo
          sociale e dal fervore d’iniziative di vario genere appartenevano invece numerose asso-
          ciazioni “femminil-femministe”. Fra tutte, per brevità di spazio, il Consiglio Nazionale

          Donne Italiane, che non fu certo omogeneo nello schierarsi a favore del nazionalismo
          intransigente, prova ne furono i contrasti con la Labriola. Di fatto si fece promotore
          d’innumerevoli iniziative. La spinta ad attività di sostegno a favore della guerra si basò
          essenzialmente sulla convinzione che la guerra avrebbe accelerato alcune dinamiche
          emancipazioniste e sulla certezza che occorreva rispettare i diritti quanto i doveri. Se
          le donne cioè reclamavano dei sacrosanti diritti, non potevano poi respingere i doveri
          cui erano chiamate da quella stessa patria di cui ambivano fare parte come cittadine
          di pari rango degli uomini.
             A monte dell’impegno profuso nella cosiddetta mobilitazione interna, c’era, an-
          che se non in tutte esplicitamente teorizzato, un superamento della concezione clas-
          sica della guerra riferibile ai soli campi di battaglia, agli avvenimenti bellici, alle sedi
          diplomatiche, alle istituzioni militari; il valore attribuito dalle donne stesse alla mobi-
          litazione interna nella guerra non aveva infatti un valore solo risarcitorio, ma tradiva
          una diversa considerazione delle innumerevoli attività svolte prima durante e dopo la

          guerra; non poteva essere spiegata solo dalla passiva accettazione da parte delle don-

          ne di una logica “sostitutiva”, quella logica cioè che aveva sempre consentito di fare
          ricorso alle risorse femminili nei momenti critici e da cui le donne avevano ottenuto

          elogi circoscritti nel tempo e talvolta la patente di eroine. Fin dal 1913, “Attività Fem-

          minile Sociale”, organo di stampa appena uscito del Consiglio si occupava del servizio
          15   Ivi, Ancora in tema di guerra, 6 dicembre 1914.
          16   Ivi, La nostra commemorazione dei morti, 1 novembre 1914.







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