Page 266 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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266           il 1916. EvoluzionE gEopolitica, tattica E tEcnica di un conflitto sEmprE più EstEso



             stesura di un vero e proprio progetto d’attacco completo in tutti i suoi particolari
             per l’assegnazione di compiti ed obiettivi ben precisi ad ogni reparto impegna-
             to nell’azione. Le truppe attaccanti devono essere scaglionate in profondità su
             più linee, frazionate a loro volta nel senso della profondità in un maggiore o
             minor numero di ondate, destinate a rincalzarsi successivamente. Le ondate si
             susseguono senza attendere che l’ondata precedente richieda rinforzo. La secon-
             da ondata parte quando la prima, oltrepassati i reticolati, muove contro la prima
             trincea nemica, e così di seguito. Ricorrere all’impiego a massa delle bombarde
             per distruggere i reticolati e terrorizzare i difensori, con audace impiego delle
             mitragliatrici con tiri preferibilmente d’infilata. Scopo finale cui si deve tendere
             è la distruzione del nemico; la conquista delle sue posizioni non è fine a se stessa.
             La sorpresa è condizione essenziale del buon successo; occorre perciò rifuggire
             da procedimenti stereotipati. Gli attacchi devono essere eseguiti su vasta fronte,
             per ridurre al minimo le azioni di fianco del nemico e la concentrazione dei suoi
             mezzi d’azione, particolarmente dei tiri d’artiglieria. L’attacco deve proporsi di
             sfondare una ad una le successive zone di difesa del nemico. Il passaggio dell’at-
             tacco da una zona all’altra richiede generalmente una sosta per spostare le arti-
             glierie in avanti e riordinare le truppe. I singoli attacchi devono mirare almeno
             allo sfondamento completo di una zona; l’azione non deve arrestarsi alle prime
             trincee conquistate; soltanto la risoluta avanzata verso le posizioni delle arti-
             glierie nemiche consente di scuotere effettivamente la difesa.” Il combattimen-
             to difensivo andava impostato su alcuni principi fondamentali quali: condotta
             della difesa orientata allo scopo di arrecare all’attaccante perdite ingenti con
             rapidi concentramenti di fuoco e ben organizzati contrattacchi; nessuna cessione
             preordinata di linee di difesa senza ordine esplicito del comando superiore e
             costituzione di caposaldi difesi a giro d’orizzonte in grado di resistere anche se
             accerchiati; netta propensione per la difesa ad oltranza; riserve e rincalzi destina-
             ti prioritariamente alla conduzione di contrattacchi.
                Le pubblicazioni dell’aprile/luglio 1916 abrogarono tutte le istruzioni prece-
             denti, segnando una completa evoluzione nei criteri d’impiego della fanteria e
             dell’artiglieria, che portarono alla vittoria dell’agosto 1916 nella sesta battaglia
             dell’Isonzo, dove l’impiego a massa e di sorpresa delle bombarde da 58 e da 240
             spazzò via le difese passive dei capisaldi del Sabotino, di Oslavia e del Calvario,
             aprendo la strada alle colonne d’assalto di fanteria.
                Nell’autunno 1916 il Comando Supremo si sentì in dovere, per la prima volta
             nel corso della guerra, di ordinare ai Comandi di Grandi Unità di tendere allo
             sfruttamento massimo dei risultati dell’azione distruggitrice delle artiglierie, col
             minimo possibile di perdite. “Le fanterie sono di giorno in giorno più preziose,
             soprattutto per le crescenti difficoltà di reclutarne i quadri; esse rappresentano
             un’energia che deve essere spesa con giudizio. Si avverte poi che questo massi-
             mo di risultati non deve tanto valutarsi alla stregua del terreno che si guadagna
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