Page 282 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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282           il 1916. EvoluzionE gEopolitica, tattica E tEcnica di un conflitto sEmprE più EstEso


             garono sulla provenienza dei beni primari che giungevano in Italia, necessari sia
             alla popolazione civile sia all’impegno bellico, come il carbone che riscaldava
             le famiglie e alimentava le fabbriche, il grano, la carne, il petrolio e le mille
             importazioni da cui dipendono, ancora oggi, la vita, il lavoro e la salute di tutti.
                Tra i compiti strategici assegnati alla Marina fin dall’inizio del conflitto, ab-
             biamo già citato l’appoggio dell’ala a mare del Regio Esercito. Per poter assol-
             vere al meglio questa missione, la Marina italiana armò, ancor prima di entrare
             in guerra, dando prova di indubbia creatività, i propri pontoni galleggianti, i
             cosiddetti “pontoni armati” che costituirono una costante spina nel fianco dell’e-
             sercito austroungarico in qualità di unità mobili di bombardamento a supporto
             dell’esercito, giungendo ad ospitare dal 1916 i massimi calibri navali, ossia i
             cannoni da 381 mm.
                Fuoco di grosso calibro e di grande intensità con migliaia e migliaia di grana-
             te tirate in poche ore, cui vanno aggiunti altri 52 bombardamenti costieri “classi-
             ci”, effettuati dalle navi, sempre contro le linee nemiche.
                Da parte austro-ungarica ci furono soltanto due azioni di tiro controcosta di-
             rette verso le batterie della Marina, entrambe avvenute a Cortellazzo nel 1917
             ed entrambe respinte dai marinai italiani distintisi, quei giorni, sia a terra, sia
             in mare sia in cielo nel corso di una memorabile campagna a tre dimensioni.
             A onor del vero, la cronaca del tempo registra anche, tra il 1915 e il 1917, altri
             35 bombardamenti costieri asburgici contro le coste italiane, tutti condotti col
             favore della notte e della sorpresa bersagliando piccole località costiere - roma-
             gnole, marchigiane, abruzzesi e pugliesi-, generalmente indifese. Tutti atti mili-
             tarmente inutili e tesi piuttosto a terrorizzare la popolazione civile e a far colpo
             sulla stampa. Questo stato di cose venne però interrotto a partire dal 1917 grazie
             all’impiego dei treni armati, le cosiddette “Navi su Rotaia” armati con equipaggi
             della Regia Marina e posti a difesa della costa adriatica.
                Fra le innovazioni concepite nel 1915 e messe in servizio dal 1916 vi sono i
             MAS, che replicati in 244 esemplari si rivelarono decisivi in un conflitto in cui la
             preoccupazione principale dell’avversario era quella di mantenere intatto il po-
             tenziale della propria flotta, esponendola il meno possibile ai rischi di uno scon-
             tro in mare aperto. E poiché, le migliori basi a disposizione dell’Ammiragliato
             di Vienna erano proprio nell’Alto Adriatico ben presto si impose la scelta di
             affidare ai più agili (e meno costosi) MAS quelle azioni di forzamento dei porti.
                L’idea  di  forzare  sistematicamente  i  principali  porti  avversari,  apparente-
             mente suicida, si sviluppò, con naturalezza, a partire dalla violazione di Trie-
             ste, avvenuta il 28 maggio 1916 a opera della torpediniera 24 OS. Né mancò lo
             spirito umoristico di chi aveva proposto, progettato e comandato quella e altre,
             successive operazioni. Al “chi va là” del guardaporto l’allora tenente di vascello
             Manfredi Gravina rispose in perfetto tedesco “Torpedoboote Vierundzwanzig”,
             ovvero declinando la propria caratteristica italiana, passando così tranquillamen-
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