Page 374 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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             che il 40% delle ferite al capo potessero essere evitate dall’uso del casco: van-
             taggio notevole se pensiamo che, specialmente nei lunghi mesi della trincea, il
             capo finiva con essere la parte del corpo più esposta al fuoco dell’avversario. 29
                Per quello che riguarda l’atteggiamento della medicina militare nei confronti
             delle ferite del capo, si è notato che al principio della Grande Guerra la chirur-
             gia tormentava cranio e cervello forse troppo.  Si cercava sistematicamente di
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             estrarre proiettili penetranti, accorgendosi poi che le cicatrici che ne derivavano
             spesso erano causa di epilessia. Questo fece circoscrivere le indicazioni alle tra-
             panazioni del cranio e alle estrazioni di proiettili ogniqualvolta questi fossero
             troppo in profondità.
                Gli ufficiali Medici del Corpo Militare della Croce Rossa furono notevol-
             mente avvantaggiati nell’ambito della chirurgia militare dall’esperienza fatta nel
             corso delle guerre balcaniche, dal 1912 in poi, quando l’associazione inviò in
             Montenegro l’ospedale da campo 51 da Bologna e l’ambulanza numero 29 da
             Torino, rispettivamente a Podgoriza e Scutari.
                Si  distinsero  in  particolare  in  queste  missioni  i  colonnelli  medici  Bartolo
             Nigrisoli e Roberto Agostinelli. Quest’ultimo, trasportò questa sua esperienza
             nel campo della chirurgia del cranio nel corso del primo conflitto mondiale ed
             in particolare in una sezione specializzata, nell’ospedale da guerra della Croce
             Rossa impiantato nella cittadina di Schio, esperienze e risultati che condensò poi
             in importanti pubblicazioni che furono di insegnamento a discepoli e colleghi. 31
                In base alle sue osservazioni Agostinelli suggeriva come una accurata esplo-
             razione del cranio ferito si imponesse in tutti i colpiti, anche in quelli con lesio-
             ni che apparissero clinicamente lievi, e come fosse saggio provvedimento non
             rinunciarvi mai. Anche se oggi può sembrare ovvio, mentre a quell’epoca non
             lo era - pure in ragione della limitatezza e del numero degli apparati diagnosti-
             ci,  Agostinelli riteneva che fosse da non trascurare mai, sempre quando fosse
             possibile, le possibilità offerte dall’esame radioscopico prima di un intervento
             ed anche successivamente. Era anche fautore di un intervento precoce quando
             necessario e in ambienti che fossero completamente asettici e riducendo al più
             breve tempo possibile l’atto operativo.
                Consultando le sue casistiche è interessante notare come, anche se la mag-
             gior parte delle ferite dal cranio era causato da pallottole e schegge di proiettili
             esplosivi, un 20% di queste andava attribuito a colpi di pietra derivanti dalla
             particolare conformazione geologica di buona parte del fronte che moltiplicava,
             frantumando le rocce, l’effetto prodotto dalle artiglierie.



             29  Aldo Valori, La guerra sul fronte franco belga. Zanichelli, Bologna 1922
             30  Gaetano Boschi, La guerra e le arti sanitarie, Mondadori, Milano
             31  Roberto Agostinelli. Sulla chirurgia del cranio in zona di guerra. Ospedale da guerra della
                Croce Rossa Italiana in Schio. Cooperativa tipografica “Luigi Luzzatti”, Roma 1917
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