Page 519 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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             a sua volta composta da armi utilizzabili alle brevissime distanze, come le bom-
             be a mano e da fucile, e da armi di maggiore gittata, lanciabombe e lanciatorpe-
             dini, in grado di far sentire la loro azione nel raggio di qualche centinaio di metri.
                La trasformazione della fanteria da una massa di fucili e baionette a una som-
             ma di specializzazioni, con una crescente dotazione di armi automatiche e a tiro
             curvo, delineava un processo non confinato alla sola dimensione “materiale”. Ol-
             tre alla preparazione morale del soldato, obiettivo ancora troppo trascurato, oc-
             correva curare l’addestramento individuale e di reparto, esigenza tanto più sen-
             tita in quanto all’enorme espansione degli organici non poteva corrispondere un
             altrettanto rapido aumento della disponibilità di ufficiali e sottufficiali adeguata-
             mente preparati. In tale ambito era imperativo eliminare alcune carenze di fon-
             do, quali l’eccessiva aderenza agli schemi prestabiliti e la mancanza di iniziativa,
             che in molte occasioni aveva impedito di sfruttare situazioni favorevoli, e svilup-
             pare invece la capacità di adattarsi alle diverse situazioni del campo di battaglia.
                Nei primi mesi del 1917 sia il Comando Supremo che i comandi d’armata si
             preoccuparono di rivedere e riorientare l’addestramento dei reparti, attività da ef-
             fettuare durante i periodi di riposo in modo quanto più lontano possibile dagli
             stereotipi del tempo di pace, e a cui doveva essere data la massima importanza,
             combattendo la diffusa tendenza a considerare i reggimenti temporaneamente ac-
             cantonati in retrovia soprattutto come forza lavoro a disposizione per il potenzia-
             mento della rete stradale, l’allestimento di nuove linee di difesa, la costruzione
             di baraccamenti. Sebbene questo tipo di atteggiamento fosse radicato, e trovasse
             una qualche giustificazione nelle innumerevoli esigenze dell’esercito, la sua eli-
             minazione era un obiettivo perseguito con costanza, anche per la consapevolez-
             za dell’effetto negativo che le faticose corvée avevano sul morale delle truppe.
                Un tema a cui viene dedicata una particolare attenzione è il coordinamento tra
             fanteria e artiglieria. Anche se la fanteria con i nuovi mezzi in dotazione può ri-
             trovare una capacità di agire con il fuoco e con la manovra che la guerra di trin-
             cea sembrava aver annullato, senza il concorso dell’artiglieria ogni suo sforzo
             sarebbe vano. Due anni di guerra hanno però insegnato che l’azione dell’artiglie-
             ria non può esaurirsi nel tiro di accompagnamento dei cannoni da campagna pre-
             scritto dalle direttive d’anteguerra. Con l’impiego di una vasta tipologia di cali-
             bri deve invece tendere alla distruzione delle trincee e delle loro difese passive,
             alla neutralizzazione delle bocche da fuoco nemiche, alla creazione di barriere di
             fuoco sulle vie percorse da rifornimenti e rincalzi. Perché questa azione sia effi-
             cace è però necessario un accurato coordinamento, tanto più difficile quanto più
             ristretti sono gli spazi in gioco, per il quale vanno create le premesse nei campi
             di istruzione, abituando la fanteria all’avanzata sotto l’arco delle traiettorie, met-
             tendo a punto i sistemi di collegamento e i meccanismi dell’osservazione del ti-
             ro, alimentando la fiducia reciproca tra fanti ed artiglieri.
                                                                            a
                La grande offensiva di maggio a cui presero parte le truppe della 3  Armata
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