Page 240 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             caduto durante l’insurrezione polacca del 1863. altri due reggimenti di fanteria
             sono costituiti in seguito insieme ad altre unità minori fino a quando, a luglio, il
             campo non venne definitivamente abbandonato.
                Detratti 6.000 malati, curati e rimpatriati direttamente dal nostro esercito,
             gli altri 26.000 prigionieri presenti in Italia vengono trasferiti, come soldati, in
             Francia e da qui in polonia, dove successivamente rappresenteranno quasi un
             terzo della forza che si batte contro l’armata Rossa, giunta fino a minacciare
             Varsavia, anche se dall’opinione pubblica polacca, da allora, sono ricordati solo
             i “Legionari di Francia”.

             Gli Jugoslavi
                Tra gli stranieri in grigio-verde gli sconosciuti sono gli jugoslavi. Non stupi-
             sca i puristi l’uso di questa denominazione in anni in cui esisteva solo un Regno
             di Serbia (con re ed esercito rifugiati a Salonicco) ed il Regno dei Serbi, Croati
             e Sloveni era ancora di là da venire, ma jugoslavo è –guerra durante- il termine
             di uso corrente –ed ufficiale- per designare alcune unità formate con prigionieri
             e disertori austro-ungarici originari del Banato, della Bosnia e di altre regioni
             meridionali dell’impero asburgico.
                Il più famoso straniero in grigio-verde è comunque uno sloveno, il Capitano
             pivko, il progettista del colpo di Carzano, e nei primi reparti di contatto che or-
             ganizza a fianco dei cecoslovacchi ci sono elementi jugoslavi.
                Nessun problema per quanti volontari sono disposti ad operare, a titolo per-
             sonale, in queste unità, i problemi nascono quando si vogliono creare dei repar-
             ti jugoslavi. I problemi, di natura politica, si affacciano immediatamente, e da
             due parti contrapposte. Il governo di Roma teme, e a ragione, che la presenza
             sul nostro fronte di unità jugoslave, specie se in queste siano presenti elementi
             dei territori promessi all’Italia dal patto di Londra, possa pregiudicare le nostre
             pretese al tavolo della pace. Il governo serbo, da Salonicco, vorrebbe a sua vol-
             ta che questi reparti fossero considerati come appartenenti all’esercito serbo e
             prestassero giuramento di fedeltà a re pietro, così da far figurare ufficialmente
             presenti sul fronte italiano unità del futuro regno jugoslavo, con relative ricadute
             politico-diplomatiche.
                I volontari jugoslavi rimarranno sempre nel limbo delle “compagnie esplo-
             ratori” e non ci sarà mai una Legione Jugoslava. Nell’ottobre del ’17 dei volon-
             tari jugoslavi, in parte congiurati di Carzano, sono impiegati per la prima volta
             insieme ai cecoslovacchi. Indossano un’uniforme grigio-verde senza stellette né
             mostrine ma con le lettere “R. p.” (Re pietro) sul colletto e la lettera “J” in ricamo
             su fondo nero al berretto. I gradi sono alla francese. Il reparto è ritirato dalla linea
             dopo Caporetto ed è poi potenziato con l’immissione di elementi cecoslovacchi,
             divenendo, nel febbraio ’18, reparto ceco-jugoslavo, nel quale gli jugoslavi si
             distinguono per le mostrine e le coccarde del berretto con i tre colori slavi.
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