Page 261 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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III SeSSIone - I CappellanI MIlItarI                                261


             2. I cappellani militari italiani nella Grande Guerra.
                Tra i ventimila uomini richiamati dall’Esercito e che a diverso titolo portaro-
             no la parola del Cristo nel fango delle trincee e nella sofferenza della battaglia ,
                                                                                  19
             vi erano i preti-soldato (15.000 circa) impiegati in sanità o inquadrati nelle diver-
             se specialità (più che altro seminaristi e novizi) e i cappellani militari veri e pro-
             pri, sacerdoti con il rango di ufficiali che furono, su richiesta dell’allora Capo di
             Stato Maggiore Cadorna (fervente cattolico e amico di ecclesiastici come Padre
             Semeria ) assegnati non solo agli ospedali da campo ma a tutte le Armi dell’E-
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             sercito . Di loro, dei cappellani militari veri e propri, milletrecentocinquanta
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             prestarono servizio al fronte e settecentoquarantadue negli ospedali territoriali.
             Mediamente ognuno aveva la responsabilità di tremila anime in divisa .
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                La resistenza dello Stato liberale che desiderava limitare fortemente la pre-
             senza della religione in ambito militare dovette quindi momentaneamente ce-
             dere di fronte al bisogno di uno sforzo collettivo per vincere le resistenze del
             nemico austro-ungarico. Con grande onestà intellettuale il marxista ateo Antonio
             Gramsci riconobbe successivamente che l’unico “coefficiente morale” del rego-
             lamento di disciplina, che tenne insieme centinaia di migliaia di uomini impe-
             gnati nella Grande Guerra, figli di popoli pre-unitari che mai si erano sfiorati e
             che si conobbero in trincea per la prima volta, furono proprio i cappellani milita-
             ri . E d’altronde non poteva che essere così, i cappellani militari, graditi o meno
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             allo Stato liberale, necessitavano per sconfiggere l’aquila asburgica in quanto
             elemento naturale di coesione e riconoscibile dal popolo in armi.  Considerati
             dunque gli elementi in campo ovvero la giovine storia del Regno da poco co-



             19  Nel suo Diario Don primo Mazzolari, definì il campo di battaglia anzitutto «il campo dell’a-
                 postolo» Cfr. MaZZolari P., Diario, II (1926-1934), a cura di a. Bergamaschi, EDB, Bologna,
                 1999.
             20  Sulla figura del barnabita servo di Dio padre Giovanni Semeria vedi BoNI G., La cano-
                 nizzazione dei Santi combattenti nella storia della Chiesa, LEV, Città del Vaticano, 2012,
                 139.
             21  Lo Stato Maggiore dell’Esercito, con una circolare a firma Cadorna del 12 aprile 1915,
                 comunicò il ristabilimento della figura del cappellano militare, senza previo accordo con
                 la Chiesa, al fine di “governare” meglio la disciplina di un Esercito mobilitato per una
                 guerra di dimensione mondiale e tenerne alto il morale. Vedi, in tal senso GUaSCo M.,
                 I cappellani militari italiani nella storia politica e religiosa del novecento, in www.mosai-
                 codipace.it/mosaico/docs/4053.doc, 1
             22  parte degli studiosi parlano di un numero complessivo di ecclesiastici ancora più alto
                 che avrebbe sfiorato le 25.000 unità. Questo “…robusto organismo di ecclesiastici…[…]
                 operò in condizioni difficili e dovette spesso confrontarsi con l’ostilità della componente
                 anticlericale degli ufficiali…”. Vedi FRaNzINELLI M., Il riarmo dello spirito, pagus,
                 paese (TV), 12.
             23  Cfr. CaVaTERRa E., Sacerdoti in grigioverde. Storia dell’ordinariato militare italiano,
                 Milano, Mursia, 1993, 29.
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